SUL SASSO DI SIMONE
Il Sasso di Simone con il fratello "il Simoncello" |
L'inverno, come sempre, era arrivato all'improvviso sul Sasso di Simone, un baluardo naturale posto a cavallo fra Granducato di Toscana e le terre del Papa. Tutte le speranze erano ormai perse. Non vi sarebbe mai stata una città su quella rupe a più di mille metri d'altezza. La natura avrebbe presto fatto giustizia: Le erbe, la neve, il vento e il ghiaccio avrebbero cancellato il sogno a lungo cullato da un giovane principe fiorentino.
Panorama verso il Montefeltro |
Altri prima di Cosimo vi avevano intuito il valore strategico: Una romita abbazia vi era stata costruita nel secolo XI e poi, dopo quattro secoli di vita, abbandonata, mentre Novello Malatesta di Cesena attorno al 1454 avrebbe voluto erigervi una fortezza che "..come un leone fortissimo potrebbe annientare tutti gli altri castelli e luoghi circostanti senza timore di attacchi " , senza però concretizzare nulla. Ora invece Cosimo era all'apice delle sue fortune. Salito al potere nel 1537 aveva appena piegato gli ostinati senesi e si era già da tempo conquistato il favore dei grandi imperi europei nell'Italia di allora.
Assicurata l'indipendenza del ducato si proponeva di rafforzarne le difese con la costruzione di potenti piazzeforti, studiate per resistere alle nuove tecniche di assedio introdotte da qualche tempo con l'uso delle armi da fuoco. Aveva già munito Arezzo, Pistoia, Borgo San Sepolcro, Empoli e progettava una nutrita schiera di torri costiere e porti fortificati come Livorno e Portoferraio ( in suo onore chiamata Cosmopoli ) per guardarsi dai pirati del Tirreno.
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Eliopoli - La "Città del Sole" sul Sasso di Simone, assieme alla consorella "Terra del Sole", vicino a Forlì,sarebbe stata la punta di diamante della presenza toscana sull'Adriatico. A tempo dovuto, pensava Cosimo, il nuovo centro abitato avrebbe costituito una buona base d'appoggio per future espansioni.
Nel 1566 si gettò la prima pietra "..con molto solenne precisione, messa cantata, conti e contesse assai e gran concorso di popoli e parsi che fusse come una gran fiera..." scrive un cronista dell'epoca. Ma l'impresa si rivelò subito difficile. La gente del luogo, di Sestino, di San Sepolcro, per prima non vi credette. Fin dall'inizio guardò con diffidenza, se non con ostilità al progetto. Nulla, nemmeno la costrizione delle armi li avrebbe convinti a trasferire le loro dimore sulla montagna, lontano dai campi, dalle vie di comunicazione, dai centri della vita e del commercio." Una follia " dicevano, e avevano ragione. Il clima era peggiorato in quel volgere di secolo, le stagioni si facevano sempre più fredde e di conseguenza anche i raccolti ne soffrivano, garantendo a fatica la sussistenza alimentare. Inoltre il Sasso era lontano dai centri di approvvigionamento e tutto doveva essere trasportato da grande distanza: pietre, sabbia, viveri e anche la legna per non depauperare la grande foresta di cerro che lo avvolgeva completamente.
Per oltre dieci anni decine di manovali, sopratutto lombardi, furono coinvolti nei lavori ma solo nei mesi estivi; al calare dei primi freddi si sospendeva ogni occupazione e solo un manipolo di guardie restava di vigilanza. La stagione successiva si doveva riprendere daccapo poiché l'imperversare dell'inverno riduceva quasi sempre in macerie quello appena costruito. Si stava intavolando una dura lotta con il tempo e con la natura. Il sole d'oro che campeggiava sugli stemmi della città iniziava ad apparire beffardo e malaugurante.Anche il podestà e l'arciprete di Sestino che avrebbero dovuto risiedere sul Sasso, cercano in tutti i modi di defilarsi. Nel 1577 delle cinquanta case sono abitate solo una decina. Nonostante l'istituzione del Tribunale di Giustizia ed altri ruoli amministrativi, l'impressione è che nella città, specie in inverno, vi si ricoverino solo gli emarginati: miseri artigiani, pastori, carbonai e certamente qualche bandito o confinato.
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