FANCY 1

Qualcosa per riflettere, pensare, sognare...alzare il "punto di vista"...

SCIENZA MEDIOEVALE

L' UOMO DELLE FERITE  -  

( Dalla raccolta Ms.Wellcome presso Wellcome Institute di Londra )

               L'uomo delle ferite esibisce tutta insieme una bizzarra varietà di mali che il chirurgo può aspettarsi di dover trattare. I loro nomi sono scritti sopra o intorno al corpo della vittima.  Oltre a presentare ferite di quasi ogni specie immaginabile, il torso serve a mostrare la localizzazione di alcuni degli organi. Per esempio "cor" sta scritto sulla figura del cuore, "fel"  e "iecur" sulla vescica della bile e sul fegato, che è rappresentato dalla parte opposta del cuore, mentre "splen" indica la milza al di sotto di esso. Al di sopra del cuore si legge "trachea arteria" per indicare la trachea e "ysophagus" sopra uno "Stomachus" debolmente disegnato. Possiamo anche leggere "intestina magna" e "longaon" sui tratti intestinali inferiori.  Il corpo è trafitto da svariate armi ed illustra anche un assortimento di affezioni che colpiscono la superficie della pelle e il cui trattamento è perciò di pertinenza del chirurgo. Ad esempio proprio al di sotto della coscia destra sta scritto "variole per totum corpus" rappresentato da puntini rossi. Agli inguini ed alle ascelle sono rappresentati i bubboni della peste che vengono chiamati "apostemes".  Il cappelluccio sulla testa dello sventurato non è tipico di illustrazioni di questo tipo; in altre il copricapo è sostituito da da una pietra che gli ha fratturato il cranio.  E' difficile immaginare se e quanto l'uomo delle ferite potesse essere utile a chi aveva bisogno di conoscere l'anatomia umana: molti degli organi infatti sono al posto sbagliato o malamente riprodotti.

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Giovanni Targioni Tozzetti

 

Custode dell'Orto Botanico di Firenze e direttore della Biblioteca

Magliabechiana, medico degli incurabili e medico di corte, viaggiatore instancabile nel vario microcosmo della Toscana Giovanni Targioni Tozzetti ( 1712 - 1783 ) ebbe fama per la concretezza delle indagini, l'enciclopedismo erudito, il rigore dell'analisi e della ricerca documentaria.   Questo non gli impedì di essere anche un "curioso" secondo la definizione di Linneo ("colui che esamina con occhi ben aperti e con grande attenzione le cose che gli si presentano" ) e di coltivare interesse per le stranezze, le irregolarità, le eccezioni. Il suo "empirismo ingenuo" illumina la feconda dialettica fra scienza e curiosità negli studi naturalistici del settecento.







A quale pubblico ci si rivolgeva a quel tempo? Quali erano i potenziali committenti di tali ricerche?  Il pubblico era certo estremamente ristretto, un'elite interessata, anche se spesso superficialmente, ad indagare la vasta realtà dei fenomeni organici, con una predilezione per quelli che usavano definire "scherzi della natura".  La stessa Società Colombaria di Firenze ( fondata nel 1735 ) era luogo d'incontro fra eruditi ed elementi della nobiltà toscana in cui la curiosità per i fenomeni naturali più strani diviene vera e propria attitudine scientifica. Non era quindi così raro che uno scienziato si sentisse rivolgere quesiti come quello che Andrea da Verrazzano rivolgeva a Targioni nel 1740: " Si vuole sapere se quella salvia della novella del Boccaccio che fregata a'denti ucise due persone, potessere essere salvia o altro".  Lo stesso Targioni era pienamente cosciente di quell'incontro fra scienze naturali e gusto aristocratico per la collezione e le rarità scientifiche che si era andato sempre più rafforzando nel settecento. Lo stesso Cosimo III De'Medici che era un appassionato dilettante di scienze naturali, gli aveva affidato nel 1718 la gestione del Giardino dei Semplici.

   La "Lettera su una numerosissima specie di farfalle" pubblicata nel 1741 è un opuscolo su un particolare insetto l'efemero. Gli studi sugli insetti erano allora molto diffusi in Europa. Targioni si rifaceva a studi empirici precedentemente intrapresi, ma anche a quello che In Toscana era il riferimento costante del settore, Francesco Redi, con le sue teorie sulla generazione spontanea degli insetti. Parlando della riproduzione dell'efemero Targioni dice che avviene tramite l'aspersione da parte del maschio di un "liquore spiritoso sulle uova deposte dalle femmine.Questa maniera non è straordinaria in natura giacché così la maggior parte dei pesci propagano la loro specie...".

 

 

 

 Relazioni di alcuni viaggi per la Toscana  (1751 -1754 ) è il capolavoro letterario di Targioni Tozzetti. Nel 1753 fu fra i fondatori dell'Accademia dei Georgofili. Ma la sua vera professione fu quella di medico. Nel 1750 nell'ospedale fiorentino di S.Maria Nuova viene assegnato al reparto uomini degli incurabili e nel 1756 compirà alcune vaccinazioni antivaiolose ( fra le prime in Italia ) presso lo Spedale degli Innocenti.

          Le bellissime tavole illustrative sono tratte dal manoscritto ( Biblioteca Nazionale di Firenze ) disegnato a colori da Tommaso Chellini ( 1672 - 1742 ) uno dei migliori disegnatori di reperti naturali nella Firenze della prima metà del settecento.
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Pietro Leopoldo di Toscana fu non solo un munifico patrono, ma anche un devoto adepto della scienza chimica e uno sperimentatore abile e versato.

        Grazie a questo granduca illuminato Firenze, uscita dal triste caso "Galileo" e dall'arretratezza seicentesca, potè divenire alla fine del settecento un polo scientifico di irraggiamento internazionale.

                    Pietro Leopoldo era cresciuto in un ambiente in cui l'interesse per le scienze naturali e per le arti "utili" era fortemente sentito.Per comprendere appieno il significato della sua opera nel campo delle scienze è opportuno distinguere fra la sua attività personale e la politica scientifica messa in atto durante il periodo toscano.. La sua passione per la chimica analitica è testimoniata dal suo banco chimico e dai resti della sua collezione di preparati chimici. Molte delle bottiglie sopravvissute ( conservate attualmente presso il Museo di Storia della Scienza di Firenze ) portano etichette indicanti che le sostanze contenute erano state preparate da Pietro Leopoldo stesso o su sua esplicita richiesta.  Fra questi preparati si rilevano il fosforo estratto dalle urine dei soldati del forte Belvedere, l'inchiostro simpatico, varie sostanze inorganiche e coloranti.

                    Il banco di chimica si presentava come un vero e proprio oggetto d'arte di cui se ne ritrova una dettagliata descrizione che vale la pena di essere citata: " Un banco chimico tutto impiallacciato di noce, con toppe e serrature di ottone; ribalte impiallacciate entro detto banco piano di lavagna, scaffaletti a diversi spartiti e cassette diverse . Mantice interno con due staffe a basso del banco per muoverlo con il piede, condotto interno per l'aria che sbocca in due punti sul piano di lavagna e robimetto d'ottone per regolare l'alito del mantice. Nel vuoto al di sotto del piano del banco due bracci di ferro lunghi...con una delle estremità a guisa di forca. Sopra il banco 56 boccette".      Il banco chiuso ha la forma di un grande stipo e una volta aperto presenta un piano di lavagna per la sperimentazione.Intorno al piano sono disposte cassettine e palchetti per la conservazione di strumenti e preparati mentre la parte inferiore funziona da armadio in cui è inserito un mantice a pedale che aveva lo scopo di favorire la calcinazione (ossidazione) e la combustione delle sostanze. Un altro strumento appartenente alle collezioni lorenesi è la TABULA AFFINITATUM che è così descritta nell'inventario del museo fiorentino:"Quadro con cornice nera e oro senza vetro contenente una tela sulla quale trovasi la seguente iscrizione Tabula affinitatum inter differentes substantias".

                    Questo sorprendente quadro testimonia l'avida curiosità verso la chimica di Pietro Leopoldo e dei suoi collaboratori. Per coglierne il reale significato storico-scientifico è opportuno fornire alcune precisazioni sulla natura e le funzioni delle Tavole di affinità, sorte come un vero e proprio strumento in grado di delineare schemi sintetici delle principali reazioni chimiche. Nate con l'intento esclusivo di fornire fatti chimici, di indicare reazioni facilmente ripetibili, in realtà le Tavole rispecchiavano molto spesso le diverse concezioni e visioni della chimica che si fronteggiavano nel secolo XVIII.  I chimici si sono sempre posti il problema di individuare le cause che portano una certa sostanza a combinarsi con sostanze determinate e solo con quelle.  Gli alchimisti avevano sintetizzato la causa del mutamento chimico in massime del tipo "Il simile attrae il simile, il simile dissolve il simile".

                    Il termine affinità venne utilizzato per molti secoli per designare il rapporto di amicizia che esisteva fra sostanze capaci di combinazione reciprocaUna spiegazione animistica aspramente criticata da filosofi e chimici meccanicisti impegnati a bandire dalla chimica cause e processi occulti. La chimica meccanica aveva ammesso come causa del mutamento l'esistenza di particelle di forma tale da consentire una penetrazione reciproca, finché poi, la filosofia newtoniana offrì significative alternative.  La Tabula fiorentina non è altro che quella del medico francese Geoffroy preparata nel 1718, con l'aggiunta di una diciassettesima colonna. Non esiste un esemplare su tela simile a quello fiorentino. Per le sue dimensioni essa possiede il carattere di un vero e proprio strumento capace di guidare in modo continuativo il chimico nell'atto pratico della sperimentazione e di suggerire l'andamento delle reazioni.       

******************************   La creazione del Museo fu indubbiamente il maggior risultato della politica scientifica di Pietro Leopoldo; gli va inoltre dato il meritodi aver saputo porre a capo del rinnovamento della scienza toscana uomini di indubbio valore.Oltre a Fontana e Fabbroni va ricordato Francesco Uberto Hoefer, direttore delle Farmacie Granducali e farmacista di corte. Nel 1778 Hoefer pubblica un piccolo volume dal titolo "Memoria sopra il sale sedativo naturale della Toscana e del borace", nel quale studia la composizione chimica del borace, indica la preparazione del sale sedativo naturale e individua la presenza di questo sale nelle acque del lago di Monterotondo ed acque provenienti dai soffioni nei dintorni di Pomarance.I lavori di Hoefer e poi di Mascagni (che li confermo') conobbero un'eco immediata in tutta Europa perché la scienza toscana e italiana in genere aveva recuperato nel settecento una dimensione internazionale. La parziale arretratezza della scienza italiana nel Seicento, conseguenza del caso "Galilei", era stata ormai completamente superata.





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LA DONNA DELLA SPECOLA

  Una fattura per lire 266 soldi 13 e denari 4 emessa dagli artisti Clemente Susini e G.Ferroni nel 1782 e saldata dal grande naturalista Felice Fontana è la transazione per uno degli oggetti più singolari nella storia dell'arte e delle scienze: la Donna della Specola di   Firenze; ridondante rispetto alle sue intenziuoni didattiche questa languida Venere scomponibile è anche un mostro surrealista o, se si vuole, il capolavoro di un iperrealismo spinto sino alle viscere.   

 "Oggi sono stata a visitare il Gabinetto di Fisica e nonostante mi sia trattenuta solo pochi minuti non riesco ancora a liberarmi della sensazione di disgusto che ne ho riportato. Dovrebbero assolutamente esserci delle restrizioni per impedire che questi modelli vengano visitati da uomini e donne contemporaneamente!

           Sono entrata con un'amica ma ho dovuto ritirarmi subito non appena ho veduto signori e signore, anche molto giovani, in contemplazione di oggetti forse utili per la scienza ma certamente inadatti ad essere esposti in un ambiente così promiscuo."   Tale il giudizio di lady Blessington ( 1839 ) dopo una fugace visita alla già celebre collezione di cere anatomiche del Real Gabinetto di Fisica e Storia Naturale in Firenze, più noto col nome di Museo della Specola.


Con altro spirito lo svedese Adolph Murray, professore di anatomia all'università di Upsala, nel 1780 aveva osservato: " ...lo studioso di anatomia godrà di trovare in questo tempio di Minerva, oltre ogni aspettativa, molte parti del corpo riprodotte in cera. Colui che studia le preparazione di Ercole Lelli e dei Manzolini in Bologna, di Verniani a Torino e Biheron a Parigi, zeppe di errori, ha tutte le ragioni di condannare questo sistema di imitazione della natura, ma cambierà opinione quando esaminerà i preparati fatti a Firenze."


  Giuseppe Galletti chirurgo e ostetrico presso il fiorentino Arcispedale di Santa Maria Nuova, avendo assistito all'impresa di Lelli a Bologna, decise nel 1770 di impiantare anche a Firenze un laboratorio di modelli anatomici che dopo una serie di faticosi tentativi cominciò a dare buoni frutti grazie all'abile modellatore Giuseppe Ferrini, scultore livornese. Quasi contemporaneamente un'attività analoga fu iniziata nella stessa città in Via Romana da Felice Fontana in alcuni locali di uno stabile che il granduca Pietro Leopoldo di Lorena gli aveva messo a disposizione quale sede per l'istituendo Real Gabinetto di Fisica e Storia Naturale. Sotto la guida del Fontana, uno dei maggiori scienziati italiani del XVIII ° secolo, anatomista, zoologo, fisico e chimico di valore il lavoro procedette tanto alacremente che nel 1775, quando il museo fu inaugurato, i modelli in cera, tra cui tre statue a grandezza naturale erano già 486, distribuiti in 137 teche occupanti sei sale.

Il Granduca era inizialmente contrario alla dissezione dei cadaveri ma il Fontana lo indusse a consentirla sostenendo che se si fosse riusciti a riprodurre in cera tutte le meraviglie della nostra macchina non vi sarebbe stato più bisogno di dissezioni e gli studiosi, i medici, i chirurghi e gli artisti avrebbero trovato in ogni tempo eguali incorrotti e inodori i modelli desiderati.

   Più tardi, col procedere dell'attività del laboratorio di ceroplastica, Pietro Leopoldo ne divenne addirittura un appassionato, preparando le vernici per l'officina della Specola. Comunque, a parte la forza di convinzione degli argomenti del Fontana, ciò che accese gli entusiasmi granducali per i modelli in cera fu senza dubbio l'eccellenza dei risultati raggiunti, che ha sempre destato l'ammirazione degli uomini di cultura della più varia formazione.  Uno dei modellatori spiccava fra tutti per la sua abilità tecnica, Clemente Susini. Nato nel 1754 nel "popolo" di San Lorenzo in Firenze, avviato ben presto allo studio delle belle arti, si perfezionò nella scultura in bronzo. Lavorava già nello studio di un artista fiorentino quando a 19 anni entrò a far parte come apprendista modellatore in cera , del Real Gabinetto di Fisica e Storia Naturale, dove rimase per quarant'anni, fino alla morte.

Lavorò al fianco del già ricordato Giuseppe Ferrini ma, dotato com'era di una migliore preparazione artistica superò in breve il maestro tanto che già nell'Agosto 1782 ne aveva preso il posto. Il Susini divenne così l'artefice principale dei modelli in cera policroma del museo fiorentino e in altri musei italiani. Il Susini portò la tecnica ceroplastica  a livelli mai prima raggiunti e mai più superati; acquistò una padronanza così profonda dell'anatomia da essere in grado di eseguire una statua anatomica destinata all'università di Pavia senza avere il cadavere di modello. Molti modelli  eseguiti nell'officina di Firenze su commissione di istituti italiani e stranieri si trovano A Torino, Pavia, Pisa, Siena, Cagliari, Bologna, Genova e in Francia, Olanda Spagna, Inghilterra, Svezia, Russia, Egitto ecc..oltre alla Scuola Medica Militare di Vienna. 

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