Come Arrivare in Maremma
In Auto
Da nord: tramite la SS1 Aurelia, oppure da Firenze tramite il raccordo autostradale Firenze Siena e successivamente la S.S. 223 Siena - Grosseto.
Da sud: usciti dall'autostrada Roma Civitavecchia, si prosegue sulla SS1 Aurelia.
Aeroporti
I principali aeroporti più vicini alla Maremma sono:
Aeroporto di Roma Fiumicino Leonardo da Vinci
Aeroporto di Roma Ciampino
Aeroporto di Pisa Gallileo Gallilei
Aeroporto di Firenze Amerigo Vespucci
C'è un aeroporto anche a Grosseto, uno dei principali aeroporti militari
d'Italia, che tuttavia viene utilizzato come scalo da voli civili,
charter e privati.
È situato in via Orcagna 125 tel. +39 0564 492779 Email info@grossetoairport.com
UN GIOIELLO DEL MARE TOSCANO - GORGONA
E' vero che le isole si assomigliano un po' tutte ma questi due chilometri e duecento metri quadrati che chiudono a Nord l'arco dell'arcipelago toscano hanno una storia tutta diversa da raccontare
Intanto l'origine. Gorgona è caratterizzata dalla presenza di scisti cristallini del tipo di quelli alpini. Non è quindi parente del territorio livornese né della vicina Capraia. I suoi legami possono essere semmai ritrovati con Capo Còrso e la Liguria di ponente. E' un pezzo dell'antica catena di montagne della Tirrenide, relitto di subcontinente in cui le Alpi occidentali erano in continuità con la zona delle Baleari e dove avvenne il primo distacco della catena alpina e si aprì il mare di Sardegna.
Circa 20 milioni di anni fa, nel momento di massimo sollevamento, le rocce di Gorgona si trovarono nelle condizioni di temperatura e pressione molto diverse da quelle in cui erano sedimentate. Bisogna arrivare fra dieci e sette milioni di anni fa per assistere all'apertura del mar Tirreno fra Corsica, Sardegna e costa toscana e quindi alla nascita dell'isola.
Le prime presenze documentate sono del IV secolo dopo Cristo, è quindi recente il suo legame con il genere umano. Duecento metri di strapiombo sulla costa occidentale, cento e più metri in quella settentrionale e cinquanta metri sui lati meridionale e orientale hanno senz'altro contribuito a mantenere a lungo vergine quest'isola che si concede un'unica apertura nella cala alle spalle del piccolo porto.
Attorno a questa zona si è sempre svolta la vita degli abitanti. I terrazzamenti, gli ulivi inselvatichiti, le poche aree piane sbarrate da un sistema di muri per non disperdere l'acqua. Le pecore che pascolano sullo spiazzo verde detto Cimitero degli Arabi ( quì gli arabi, sinonimo di pirati, non sono mai mancati, a partire dall'ottavo secolo ) e la sagoma della Torre Vecchia, fortezza pisana del 1200 che domina la valle, finiscono per raccontare il resto.
Per garantire la propria diversità e incolumità sbarcarono quì, nel quarto secolo, quei cristiani di cui parla Rutilio Numanziano in un brano del 416.A loro si unirono poi altre famiglie in cerca di rifugio dai barbari. Il rigore e la spiritualità dei religiosi sembrano essere insidiati da questa convivenza tanto che nel 591 San Gregorio Magno invia un commissario apostolico per riformare i costumi. Cosa sta succedendo a Gorgona ? L'isolamento ha forse creato situazioni irregolari, non ortodosse, scabrose? Uno studioso come Silio Scalfati - docente universitario che ha ordinato l'archivio della Certosa di Calci, dove sono conservati i più importanti documenti dell'isola - accredita un'ipotesi meno piccante ma più convincente. C'è da tenere presente che la politica di Gregorio tendeva a favorire le comunità monastiche dotate di un abate eletto regolarmente, mentre gorgona aveva un capo carismatico. Fatto sta che da allora Gorgona diventa un centro di rigore religioso ma anche un luogo di correzione per ecclesiastici un po' intemperanti, colpevoli di infrazioni al loro ministero, o rifugio di gente perseguitata. L'alto medioeva scopre per l'isola la vocazione di reclusorio, vocazione che sarà poi ripresa nel 1860.
Il Comune di Livorno l'Ente Parco nazionale Arcipelago Toscano e il PRAP Toscana, Direzione Carcere di Livorno, hanno firmato il 9/3/2016 un Protocollo d’Intesa relativo alla fruizione turistico naturalistica dell'isola carcere di Gorgona. L'accordo segue e completa quello già sottoscritto tre anni fa (per info: www.turismo.comune.livorno.it ). Firmatari del Protocollo sono, oltre al sindaco Filippo Nogarin, Giampiero Sammuri (Presidente Ente Nazionale Arcipelago Toscano) e Santina Savoc (Direttrice Casa Circondariale di Livorno). Presenti anche l’assessore al turismo Nicola Perullo, che ha seguito tutto il percorso per arrivare al Protocollo, e il consigliere dell'Ente Parco Stefano Feri.
Nel 2013 e nel 2014 i bandi di gara indetti per l'individuazione del vettore unico hanno dato esito infruttuoso, motivo che ha spinto l'Amministrazione comunale a garantire un contributo economico di 10mila euro al vettore aggiudicatario della gara in cambio di un servizio di trasporto a tariffa agevolata da e per l'isola per personale e familiari dell'amministrazione penitenziaria, detenuti e residenti.
Per il 2015 è stato affidato a Toscana Mini Crociere srl ed è grazie ad esso che, a partire dai prossimi giorni, entrerà a regime la fruizione regolare dell'isola di Gorgona. La gestione delle prenotazione sarà dell'Ufficio Informazioni Turistiche comunale.
Il protocollo firmato elenca nel dettaglio le limitazioni che regolano le visite: accesso per 75 turisti adulti (oltre i 12 anni) per un massimo di 4 giornate la settimana, oltre le quali potranno avere accesso solo visite di educazione calendarizzate nel periodo scolastico, per le quali non è richiesto il pagamento del ticket; pagamento di un biglietto d'ingresso di 6 euro al Parco Nazionale (a esclusione di bambini sotto i 12 anni, portatori di handicap, guide, scolaresche, docenti e residenti), divieto di balneazione, modalità di pranzo (al sacco e con ritiro in barca dei rifiuti), escursioni su percorsi aperti con guide esperte messe a disposizione dal parco.
NUOVE MODALITA' - 2019 - Trekking guidato
La
visita comprende un percorso medio-facile di circa 7 km sulla
particolarissima isola carcere di Gorgona, la più piccola e
settentrionale isola del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano,
durante il quale visiteremo il centro abitato, la villa romana,
proseguendo verso punta Patarella con l'affaccio sulla bellissima Cala
Maestra, proseguiremo lungo il sentiero in pineta che ci condurrà
all'antico maniero del XIII sec denominato Torre Vecchia, fino a
raggiugere Punta Gorgona e rientro a Cala dello Scalo per un bagno.
Partenza ore 8,15 dal porto di Livorno davanti al monumento dei 4 Mori.
Imbarco alle ore 7,45. Costo complessivo adulti che comprende traghetto
A/R, tasse di sbarco, ticket parco e costo guida è di 58€ per gli adulti
e 32€ per i minori dai 4 ai 12 anni, sotto ai 4 anni gratuito. La
prenotazione obbligatoria va effettuata telefonicamente, via WhatsApp
al 340 4920588 (Mariella) o per email (info@maremmainbici.it) dove vi
verranno forniti altri dettagli. Numero posti è limitato a 25 persone.
Sarete accompagnati da una guida ambientale escursionistica abilitata
con patentino di guida turistica e di guida Parco dell' Arcipelago
Toscano.
Ricordiamo a tutti coloro che prenotano la visita all’Isola
di Gorgona, che l’isola stessa è un carcere e che i controlli a cui
vengono sottoposti i dati anagrafici dei partecipanti sono effettuati
dalla polizia Penitenziaria allo scopo di evidenziare le persone che
hanno carichi pendenti NON saranno autorizzate allo sbarco. Inoltre non
è consentito l'uso di cellulari, videocamere e macchine fotografiche
che verranno ritirati prima dello sbarco. Il rientro a Livorno è
previsto tra le 18,15 e le 18,30.
Stupenda immagine di Gorgona dalla costa
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LE PERLE DELL'ARCIPELAGO TOSCANO - GIGLIO
Incursioni dei "barbareschi" al Giglio
Nel 1558 l'Isola del Giglio fu venduta a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I. e passava così al Granducato di Toscana. Una data importante per i Gigliesi, perché soltanto da allora l'isola ebbe la protezione di una guarnigione stabile contro le frequenti incursioni dei "barbaereschi", la più memorabile delle quali era avvenuta nel 1544 ad opera di Khayr al-Din, detto Barbarossa, il quale, dopo avere devastato le mura allora esistenti (probabilmente pisane) e saccheggiato l'Isola, aveva portato con sé prigionieri circa 700 uomini. Si racconta che tra i 632 deportati c'era Rosa Pannilini che diverrà favorita di Solimano I, al quale darà un figlio. La strage e la deportazione erano stati tali che l'Isola dovette essere ripopolata. E a ripopolarla furono per lo più i senesi, il cui nomi inconfondibili si distinguono anche oggi numerosi soprattutto al Castello, dove continua a vivere in maggioranza la stirpe originaria.
La presenza di una guarnigione salvò i Gigliesi da tante incursioni
minori, ma la popolazione dovette sostenere ancora svariate battaglie e
soffrire tanti lutti prima che fosse posta la parola fine alle imprese
piratesche: parola che fu pronunciata solo il giorno 18 novembre 1799, quando circa duemila tunisini assaltarono il Castello.
Erano sbarcati al Campese senza incontrare resistenza. Gli uomini di guarnigione alla Torre del Campese, impressionati dalle grosse navi armate e dal gran numero di predoni, furono sopraffatti dalla paura
e non si opposero come avrebbero dovuto per evitare una battagliai che
avevano considerato perdente. Visto il comportamento della guarnigione,
quei duemila iniziarono spavaldi la salita per raggiungere il Castello, certi che la popolazione per ottenere clemenza, si sarebbe messa alla loro mercé.
Non fu così. I Gigliesi, tutti anche i vecchi, le donne e i
bambini, erano determinati al combattere fino all'ultimo. I Tunisini,
che si erano preparati ad una facile preda quando si resero conto delle
difese apprestate furono sopresi. Tentarono un primo assalto, ma furono respinti. D'un tratto, così racconta la tradizione, avvenne un prodigio. I Gigliesi memori che il santo Patrono, San Mamiliano,
già nel 1452 aveva infuso nei loro antenati la forza di respingere i
Turchi, invocarono di nuovo il Santo portandone la statua in processione
per le vie del paese. E sarebbe stato un paese distrutto e devastato se
tanto improvvisamente quanto inaspettatamente non si fosse levato un vento di rara forza, che costrinse gli assedianti a tornare sulle loro navi che rischiavano di essere travolte.
San Mamiliano è tuttora il prottetore di tutta l'Isola del Giglio
e viene festeggiato ogni anno il 15 settembre. Nella Chiesa di San
Pietro Apostolo a Giglio Castello viene custodito l'ulna del braccio destro di San Mamiliano e qualche reperto abbandonato dai pirati durante l'ultimo attacco.
Fu certamente abitata in epoche remote, come dimostrano infatti alcune punte di frecce trovate nell'isola e risalenti al periodo eneolitico. Anche gli etruschi ed i romani frequentarono l'isola ed alcuni documenti dell'epoca testimoniano che fu di proprietà della famiglia dei Domizi Enobarbi.
FAQ
- Cala dell'Arenella. ...
- Spiaggia delle Cannelle. ...
- Spiaggia di Campese. ...
- Cala delle Caldane. ...
- Cala degli Alberi.
...
Cannelle Bach Isola del Giglio
- Chiringuito Bar – Giglio Campese Via della Torre, 18.
- Lo Scoglio On The Beach – Giglio Campese Via di Mezzo Franco.
- Tukul Beach Bar – Giglio Campese Via di Campese.
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MONTECRISTO
Isola di Montecristo, misteriosa e inespugnabile isola dell'Arcipelago Toscano
L'Isola di Montecristo, un tempo chiamata Oglasa, è una delle isole più selvagge e inaccessibili del Parco Nazionale Arcipelago Toscano. Per tutelare la natura peculiare dell'isola è Riserva Naturale Statale Integrale con decreto ministeriale del 4 marzo 1971 e Riserva Naturale Biogenetica diplomata dal Consiglio d'Europa dal 1988.
Nel 1899 l'isola divenne una riserva di caccia esclusiva di Vittorio Emanuele III di Savoia, e tale è rimasta fino all'istituzione della Riserva Naturale.
Curiosità: L'isola è stata resa famosa dal celebre romanzo di Alexander Dumas “Il Conte di Montecristo”, che racconta la storia di un leggendario tesoro nascosto proprio a Montecristo nell'Abbazia di San Mamiliano, costruita nel '600 da monaci benedettini.
Montecristo è un piccolo gioiello con una superficie di 10,4 chilometri quadrati prevalentemente composto di granito grigio-rosa e visivamente ha una forma a piramide che dà l'idea di inespugnabilità. Sono presenti pochi sentieri che consentono di raggiungere la cime delle due vette più alte: Monte Fortezza (645 metri) e Cima dei Lecci (563 metri). Le sue coste a picco sul mare non permettono un facile approdo all'isola, infatti l'unico punto accessibile è Cala Maestra, sul versante occidentale.
Le condizioni che hanno impedito un'influenza antropica a Montecristo, hanno favorito il prosperare di molte specie della flora e della fauna un tempo diffuse in tutta l'area dell'Arcipelago. La copertura vegetale è costituita da una bassa macchia mediterranea di arbusteti a prevalenza di erica arborea, rosmarino, cisto, elicriso e maro e costituisce un rifugio importante per gli uccelli migratori.
Per quanto riguarda la fauna, la capra selvatica è sicuramente l'elemento più vistoso, importata probabilmente da antichi navigatori, e che oggi si è perfettamente adattata all'ambiente. È presente inoltre il raro discoglasso sardo, una rana appartenente all'area sardo-corsa.
Montecristo è luogo di passaggio di numerosi uccelli migratori e ospita importanti specie di uccelli marini tra cui il gabbiano corso e la berta minore, le cui colonie sull'isola sono di interesse europeo. Tra i rapaci è possibile scorgere il gheppio, la rara aquila reale e qualche corvo imperiale.
A Montecristo vivono inoltre alcune specie endemiche di rettili tra cui il biacco e la vipera di Montecristo.
Anche l'ambiente marino è molto ricco, sul fondale di Montecristo infatti vi sono praterie di posidonia, anemoni di mare, coralli e fino a circa 40 anni fa l'isola era anche l'habitat naturale per le foche monache, specie ormai molto rara in tutte le acque del mediterraneo.
Montecristo ad oggi è praticamente disabitata, vi soggiornano infatti solo alcuni agenti del Corpo Forestale dello Stato, ma fino al XVI secolo è stata sede di una comunità monastica, di cui oggi rimangono i resti dell'antica abbazia e monastero di San Mamiliano, nella località chiamata il Convento. Ancora visibile è anche la grotta dove si dice che il santo abbia soggiornato. L'unica costruzione attualmente presente sull'isola, dove vi risiede la guardia forestale, è la Villa Reale di Cala Maestra, fatta costruire dal proprietario di allora l'inglese Giorgio Watson-Taylor e oggi sede di un piccolo Museo Naturalistico.
Origine del nome
Secondo una leggenda, l'origine del nome Montecristo sarebbe riconducibile a San Mamiliano, che dopo essere stato fatto prigioniero e schiavo riuscì a fuggire e a rifugiarsi sull'isola dove visse in solitudine e meditazione in una grotta, chiamata infatti Grotta del Santo o Grotta di San Mamiliano e ribattezzando l'isola in “Mons Christi”. La leggenda racconta inoltre la coraggiosa uccisione da parte di Mamiliano, di un terribile drago alato guardiano dell'isola, alla cui morte sarebbe scaturita una sorgente d'acqua purissima. Il culto di San Mamiliano è molto sentito in tutto l'Arcipelago Toscano; a Marina di Campo esiste una chiesa dedicata in cui il 15 settembre di ogni anno si celebra la festa del Santo.
Dal 2019 le visite sull’isola sono consentite a 2000 persone l’anno e sono rese possibili grazie all’accordo tra il Parco Nazionale e il Comando Carabinieri per la tutela della biodiversità dei Parchi (Reparto Carabinieri Biodiversità di Follonica). Dal 16 aprile al 14 maggio, per motivi di tutela dell’avifauna, la fruizione dell’isola è interdetta. Le visite sono possibili solo con guida autorizzata. Visite guidate a Montecristo » -
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GIANNUTRI
Giannutri è un'isola affascinante e speciale.
Fa parte del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano, è grande appena 500 metri in larghezza e 5 chilometri in lunghezza, in inverno è abitata da circa una ventina di persone che si godono la vita solitaria in questo piccolo paradiso. Non ci sono automobili ne strade asfaltate, ci si muove solo a piedi.
Cosa fare a Giannutri? A Giannutri il fascino della natura prende il sopravvento: la bellezza dei suoi fondali ricchi di biodiversità e il mare cristallino ne fanno un paradiso per gli amanti della subacquea e dello snorkeling, vi suggeriamo di noleggiare una barca per godere pienamente questo mare merviglioso. Gli appassionati del trekking invece potranno camminare su percorsi che attraversano distese di fitta macchia mediterranea, resti di epoca romana e scenari naturali incantevoli fino a raggiungere Monte Mario e Poggio di Capel Rosso, quest’ultimo è il punto più alto dell’isola (88 mt sul livello del mare) da cui si gode un panorama strepitoso. L'isola offre notevoli spunti di interesse anche per la pratica del birdwatching.
La costa è rocciosa con ripide scogliere, grotte marine e due piccole spiagge di ghiaia: Cala Maestra e Cala Spalmatoio che sono anche gli unici due punti di approdo. Non ci sono spiagge di sabbia, per chi non è pratico quindi sono consigliabili le scarpe da mare. Non ci sono stabilimenti balneari, qui la natura la fa da padrona.
Altra attrattiva dell'isola sono i resti di una sontuosa villa romana edificata tra il I e il II secolo d.C. dalla famiglia dei Domizi Enobarbi a cui apparteneva l'imperatore Nerone.
Sull'isola di Giannutri non ci sono hotel, tuttavia per pernottare o cercare un alloggio potete consultare la pagina Dormire a Giannutri dove troverete tutte le informazioni.
Nella piazzetta di Cala Spalmatolo è presente un negozio di generi
alimentari e un bar con toilette pubblica che potrete contattare al
numero 333 1062207.
I traghetti per Giannutri si prendono a Porto Santo Stefano, la traversata dura circa un'ora in condizioni di mare calmo, per informazioni sugli orari contattate la compagnia di navigazione Maregiglio tel: 0564 812920. In alternativa potrete raggiungere l'isola di Giannutri con le imbarcazioni (le trovate al porto di Porto Santo Stefano) che effettuano il servizio di taxi boat. Inoltre visto che non è possibile portare l'auto sull'isola (non ci sono strade asfaltate) vi suggeriamo di lasciarla a Porto Santo Stefano nei parcheggi a lunga sosta con tariffa giornaliera.
Per visitare l'isola a piedi, ricordate che si tratta di un'area naturale protetta, vi consigliamo di leggere la sezione www.tuttomaremma.com/giannutriitinerari.htm dove troverete informazioni e suggerimenti e comunque contattate l'ufficio del Parco tel. 0565 908231 e-mail info@parcoarcipelago.info, oppure la Pro Loco dell'isola del Giglio tel. 0564 809400.
Come potete vedere dalla mappa, anche alcune aree di mare sono soggette a limitazioni (sulla zona 1 c'è il divieto di accesso, pesca, immersioni, sosta e ancoraggio, mentre nella zona 2 c'è il divieto di pesca che è regolamentata dall'Ente Parco). Ricordiamo tuttavia che per la zonazione a mare, la mappa riportata è approssimativa, l’unica carta ufficiale è quella che istituisce il Parco Nazionale Arcipelago Toscano.
Come raggiungere l'Isola di Giannutri?
Per raggiungere l'isola di Giannutri si prende il traghetto
a Porto Santo Stefano, l'imbarco si trova in Piazzale Candi nel Porto
del Valle a circa duecento metri dall'entrata del paese. Potrete
scegliere tra il collegamento di linea tradizionale con i traghetti
della compagnia di navigazione Maregiglio tel. +39 0564 812920, oppure
potrete utilizzare i servizi taxi boat per Giannutri che vengono
effettuati dalle società di Porto Santo Stefano che noleggiano gommoni e
barche, scoprili quì: www.tuttomaremma.com/portosantostefanonautica.htm.
Sull'isola di Giannutri non è possibile portare l'auto, è un'isola senza
strade asfaltate dove ci si sposta a piedi, vi suggeriamo quindi di
lasciare l'auto a Porto Santo Stefano nei parcheggi a lunga sosta con
tariffa giornaliera.
A che ore partono i traghetti per Giannutri?
Nella stagione estiva le corse dei traghetti vengono effettuate tutti i giorni, una volta al giorno, il traghetto parte la mattina da Porto Santo Stefano e ritorna nel tardo pomeriggio, per gli orari esatti vi consigliamo di contattare la compagnia di navigazione Maregiglio tel. +39 0564 812920. Nelle altre stagioni dell'anno i collegamenti vengono ridotti.
Quanto dura la traversata per Giannutri?
La durata della traversata è di circa 60 minuti con mare calmo.
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Distanze: PUNTA ALA 42 nm ELBA 21 nm BASTIA 30 nm
Capraia è l'isola meno turisticizzata dell'arcipelago ed è quella che ha mantenuto meglio il suo aspetto originale. Ha un porto ben attrezzato che è stato potenziato recentemente per migliorare le condizioni di attracco del traghetto che la collega con Livorno. Una parte a ovest dell'isola è area protetta e interdetta alla navigazione. Nell'isola esiste una sola spiaggia e non sempre le forti mareggiate invernali ce la fanno ritrovare nel periodo estivo. Un servizio di grandi gommoni scarica qui tutti i giorni un buon numero di villeggianti. Navigando verso ovest nella parte di costa che va verso sud si incontrano una serie di piccole e grandi cale, spesso orlate da rocce affioranti. Qui un acqua limpidissima e dai colori intensi invita spesso i naviganti a fermarsi più volte per fare più di un bagno.
Sicuramente il punto di bellezza più noto e veramente suggestivo è rappresentato dalla Cala Rossa. Qui concrezioni vulcaniche stratificate in orizzontale si succedono passando da una struttura color bianco a un improvviso rosso vinaccia. Più avanti la cala dello Zenobito è ben ridossata dal maestrale.
A terra il paese di Capraia domina il porto collegato in alto con l'unica strada presente sull'isola e lunga poco più di un solo chilometro. Un bussino navetta fa la spola tra il porto e il paese. L'interno dell'isola si sviluppa in verticale con un aspetto quasi montuoso dove numerosi sentieri permettono di fare escursioni anche di un intera giornata. Dalla parte più alta dell'isola si possono ammirare stupendi panorami a 360 gradi sulla Corsica, sull'Elba e sulla costa tirrenica.
Capraia è considerata un piccolo paradiso geologico, in quanto unica isola vulcanica dell'arcipelago frutto di una doppia eruzione: una antichissima risalente a circa 10 milioni di anni fa che fu quella che dette forma all'isola e la seconda a circa 1 milione di anni fa, sul quale sono stati effettuati numerosi studi.
La Sagra Del Totano di Capraia
Capraia è famosa per la La Sagra del Totano di Capraia; un appuntamento imperdibile che chiude la stagione turistica dell’isola. A Capraia l’estate finisce con la Sagra del Totano! Vi invito a spiare il sito della Pro Loco di Capraia per avere più informazioni perchè secondo me deve essere un evento davvero carino!
Itinerari
L'isola di Capraia offre
itinerari unici, con sentieri percorribili soltanto a piedi in una
tipica macchia mediterranea, o in barca lungo la costa godendo di uno
splendido mare cristallino, di cale e insenature e di una natura
incontaminata.
Itinerario 1 - Paese - Laghetto (Stagnone) - Monte Penne
Partenza da piazza Milano - primo tratto di strada asfaltata - mulattiera leggermente in salita.
Zona pianeggiante: bivio della Piana (- a sinistra sentiero per la
chiesetta di Santo Stefano e la Piana Cala del Ceppo); - a destra
mulattiera: sulla sinistra antico caprile dalla caratteristica forma a
cupola - sentiero ripido, sassoso e ombreggiato.
Bivio dello Stagnone: - a destra piccolo sentiero - sella
dell'Acciaiatore: panorama su Cala del Fondo - Salita ripida su Monte
Forcone - Stagnone (318 metri) - sentiero in lieve salita intorno Monte
Rucitello - salita ripida - Monte delle Penne (420 m): vista su Monte
Castello (445m).
Itinerario 2 - Paese - Fontanelle - Trattoio - Monte Arpagna - Punta dello Zenobito
Piazza Milano - primo tratto di strada asfaltata - mulattiera leggermente in salita.
Zona pianeggiante: bivio della Piana - a destra mulattiera: sulla
sinistra antico caprile dalla caratteristica forma a cupola - sentiero
ripido, sassoso e ombreggiato.
Bivio dello Stagnone - mulattiera a dritto - tornante a sinistra -
Fontanelle - sentiero ripido - discesa verso gli stagnoli - pendici del
Monte Pontica: ruderi dell'ex Marina Militare (Abitazione, Alloggio del
Capo, Case Coloniche, Alloggio dei Marinai) bivio all'Alloggio dei
Marinai (- stretto sentiero a destra - mulattiera in discesa ripida -
Punta del Trattoio: faro) - a dritto mulattiera - Monte Arpagna:
semaforo - sentiero a sinistra delimitato da piccole piramidi di sassi
(omini) - Punta dello Zenobito.
Itinerario 3 - Porto - Ex Colonia Penale - Dattero - Punta del Vecchiaione
Chiesa dell'Assunta - strada a destra - sentiero ripido e tortuoso - ex
Colonia Penale: Arco piazzetta dell'Anghiale, Ovile, Mortola - stretto
sentiero a nord - Punta del Dattero - sentiero a est - Punta del
Vecchiaione.
Itinerario 4 - Paese - Torretta - Bellavista - Cala dello Zurletto
Piazza Milano - via Carlo Albertio - Castello San Giorgio - stradello a destra - elipista - viottoli - Torretta
Bivio (- sentiero a sinistra - Punta Bellavista) - sentiero ripido a destra - discesa - scoglio dello Zurletto.
L'acqua cristallina e priva di pulviscolo favorisce una visibilità
orizzontale di oltre 30 metri rendendo le coste dell'isola ideali per le
immersioni.
Immersioni:
Secca delle Formiche - Al largo di Punta Teglia, 24 metri, facile, nord rispetto all'isola.
L'Aereo - Davanti a Punta del Ferraione, 48 metri, impegnativa, nord-est rispetto all'isola.
Punta Bellavista - Prima Punta a sud uscendo dalla cala del porto, 20 metri, facile.
Punta della Civitata - Seconda Punta a sud dalla cala del porto, 36 metri, media.
Secca
del Turco - Situata a 200 metri fuori da Punta del Turco, 50 metti,
impegnativa, a sud - sud-est rispetto al centro dell'isola.
Scoglione - Tra Punta del Turco a sud e Punta del Patello a nord, 45 metri, media.
Punta del Trattolo - Situata a 300 metri a Punta del Trattolo, 60 metri, media.
- 94€ Resort La Mandola. 8,1 Favoloso (124) Hotel. ...
- 110€ La Vela - Dimora d'Epoca- Appartamenti. 9,3 Eccellente (45) Hotel. ...
- 160€ Il Saracino Hotel. 9,3 Eccellente (126) Hotel. ...
- 92€ Hotel Saracino. Hotel. Hotel Saracino si trova a Capraia Isola.
- Si può arrivare solo tramite traghetto Toremar dal porto mediceo di Livorno con viaggi di 2,45 ore. Il porto mediceo di Livorno è nei pressi della statua dei Quattro Mori e della Fortezza Vecchia. Attraversando il ponte si raggiunge il porto mediceo, dove periodicamente partono traghetti per raggiungere la Capraia.
- Hotel e altri alloggi a Capraia Isola
- Hotel il Saracino. 292 recensioni. Hotel View. Capraia Isola, Provincia di Livorno.
- Resort La Mandola. 415 recensioni. Hotel View. Capraia Isola, Provincia di Livorno.
- Residence La Vela. 156 recensioni. Hotel View. Capraia Isola, Provincia di Livorno.
46€I prezzi dei traghetti Livorno Capraia può variare a seconda del periodo di navigazione (alta o bassa stagione) e la tariffa media si aggira attorno a 46€.Per fare delle belle vacanze a Capraia bisogna avere a disposizione la barca, e comunque 3 giorni sono sufficienti.Diamo uno sguardo anche alle cose che non è possibile fare a Capraia: una di queste è sicuramente la vita mondana. Non esistono discoteche né locali, la sera si può soltanto trattenersi nei ristoranti o passeggiare, anche lo shopping è praticamente inesistente.
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ISOLA DI PIANOSA -
Il territorio di Pianosa è protetto e il Parco Nazionale Arcipelago Toscano ha reso la ex colonia carceraria una delle mete con più attrattive della zona.
Nella struttura del carcere inizialmente si trovavano detenuti collegati ad attentati terroristici, poi a quelli di Falcone e Borsellino, per poi essere confinati esponenti pericolosi della mafia. Il carcere viene chiuso definitivamente nel 2011 e l’ente Parco, ha cercato di favorire un turismo intelligente e non invasivo sull’isola, sempre accompagnato da guide esperte, attraverso eventi, mostre, iniziative varie.
Proprio per l’impossibilità di accedere all’isola fino al 1997 per via della presenza del carcere, il patrimonio naturale del luogo è rimasto intatto, come le coltivazioni agricole realizzate dai reclusi e la vegetazione che ricopre l’isola, ovvero la tipica macchia mediterranea, composta da rosmarino, lentisco, cisto e ginepro. Anche la fauna è stata protetta, come il gabbiano corso, un esemplare molto raro di uccello marino che nidifica a Pianosa, e il falco pellegrino, che ama le scogliere e le rocce più inaccessibili. E sull’isola si alternano proprio coste a tratti sabbiose e altre invece rocciose.
I fondali qui attirano gli amanti dello snorkeling, che hanno il permesso, in piccoli gruppi e accompagnati da guide ambientali, di immergersi: sono incontaminati e protetti dalla pesca, oltre ad essere poco profondi e dunque a diventare riparo di diverse specie di pesci, come dentici, triglie, saraghi, o anche aragoste e granseole. Al largo si possono avvistare anche i delfini, mentre un tempo era casa della tartaruga Caretta Caretta.
Oltre alle escursioni, tra le quali per esempio scoprire antiche rovine romane e catacombe nascoste tra le fioriture, è consigliata una sosta a Cala Giovanna, l’unica spiaggia di sabbia dell’isola, dalle acque basse e cristalline. Si trova accanto al vecchio porticciolo e passeggiando fino alla fine della spiaggia si può visitare la Villa di Agrippa, le rovine del complesso romano dove tra il 7 e il 14 d.C. venne esiliato il nipote di Augusto, il principe Agrippa Postumo.
Facente parte del comune di Campo nell’Elba, la piccola isola di Pianosa, così chiamata perché priva di rilievi montuosi, è un’oasi naturale e marina incontaminata protetta all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. E’ possibile visitarla partendo dal porto elbano di Rio Marina, dal quale partono traghetti per Pianosa con andata e ritorno in giornata e una permanenza sull’isola di 3 ore.
I traghetti che assicurano il collegamento tra Rio Marina, sull'Isola d'Elba, e l'isola di Pianosa, appartengono alla compagnia Toremar e impiegano circa un'ora e cinquanta minuti a coprire la distanza.
Le partenze sono previste ogni martedì alle ore 09:20 con arrivo alle
ore 11:10 mentre il tragitto opposto viene fatto nello stesso giorno ma
la partenza è prevista alle ore 14:10 con attracco all'Isola d'Elba alle
ore 16:00.
A servire la tratta è il traghetto 'Giovanni
Bellini' che, come tutte le altre navi della flotta Toremar, è dotata di
ogni più moderno strumento di navigazione per rendere il viaggio sicuro
e confortevole e di ogni confort per rendere il viaggio piacevole per
tutti i passeggeri.
Si tratta di un nave dalla stazza di quasi 1600 tonnellate che può
contenere fino a settecento passeggeri suddivisi fra i cinquecento nella
stagione invernale che possono trovare posto nei comodi saloni interni e
i quasi settecento della stagione più calda che, invece, trovano posto
anche all'esterno.
VEDI TRAGHETTI - Orari, prezzi, prenotazioni
Cosa vedere sull'isola di Pianosa
Cosa c'è da non perdere sull'isola selvaggia ed incontaminata dell'arcipelago toscano? Sull'isola possono accedere sol 250 persone al giorno. Ecco le cose da non perdere
- Casa dell'Agronomo
- Villa Agrippa
- Porticciolo del paese
- Faro di Pianosa
- Muro della Chiesa
- Palazzo della Specola
Ecco quali sono le spiagge più belle dell'isola di Pianosa.
- Cala Giovanna
- Cala del Bruciato
- Punta Secca
- Cala di Biagio
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ISOLA D'ELBA
L'Isola d'Elba è un'oasi verde e blu tra le acque nell'Arcipelago Toscano, dove la natura regna sovrana. L'isola dagli infiniti orizzonti: spiagge dorate che carezzano le acque cristalline, massicci granitici immersi nella macchia e paesaggi lunari delle miniere.
Racchiude in sé il fascino e l'esclusività di un territorio puro e incontaminato, ricco di storia e di vicende di popoli da sempre baciati dal sole. Le spiagge e le scogliere, il vento, la terra, i profumi, i sapori, il duro lavoro dell'uomo, i paesini arrampicati sui monti, le terrazze sul mare non sono che l'inizio di un'isola che non delude mai.
Ogni giorno una nuova emozione da vivere, un nuovo luogo da scoprire; visitare l'Isola d'Elba è una vera e propria esperienza di vita.
Oggi è possibile organizzare e ritagliare su misura la vacanza perfetta: dalla scelta della struttura ricettiva più adatta alle proprie esigenze, ai consigli su dove andare a mangiare, come impiegare al meglio il tempo libero e dove scovare i luoghi di divertimento più esclusivi.
L'offerta turistica è assai ampia: hotel, alberghi, campeggi, villaggi turistici, appartamenti e case vacanza, agriturismo, itinerari storico-culturali, enogastronomici, naturalistici e sportivi, tutti selezionati in base alle diverse esigenze: famiglie con bambini, gruppo di amici o ragazzi single alla ricerca del divertimento, e perché no, dell'anima gemella. Preziosi consigli permettono di scoprire i luoghi più nascosti e suggestivi e di tuffarsi nei colori e nei sapori dell'isola più grande del Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano.
Storia, sport, natura, divertimento, relax: ingredienti che fanno della vacanza all'Isola d'Elba un'esperienza indimenticabile. E… le spiagge, caratterizzate dall’incredibile diversità di colori e tipologie, capace di accontentare ogni gusto e desiderio!
TRAGHETTI - PREZZI, PRENOTAZIONI, ORARI, COMPAGNIE
L'Isola d'Elba è un presidio di biodiversità, un'oasi verde e blu dove la natura regna sovrana. Con i suoi 223,50 kmq è per estensione la terza isola italiana e la più grande dell'Arcipelago Toscano. Da ovest a est, cioè da Punta Nera a Capo Pero ha un’estensione di circa 27 chilometri e da nord a sud, da Capo Vita a Punta dei Ripalti di circa 18 chilometri.
Dalle mille insenature, il suo territorio è rigoglioso, verde e selvaggio e con un cuore ricolmo di metalli e preziosi minerali.
L'isola offre un clima mite e una moltitudine di paesaggi diversi: romantici borghi di pescatori, paesini arroccati, antichi castelli, verdi vallate e incantevoli golfi che si alternano a splendide spiagge.
Nonostante il perimetro misuri appena 147 chilometri, la costa è molto ricca e diverse sono le spiagge e le calette di ogni tipologia e colore. In pochi minuti, dalle ripide scogliere che sprofondano a picco nel mare cristallino, si può passare al massiccio granitico del Monte Capanne.
In cima, a 1019 metri di altezza, la vista si perde su 360 gradi di mare infinito, le isole toscane e la Corsica.
L'Isola d’Elba presenta un ricchissimo quadro geomineralogico: una vasta gamma di gemme, rocce e minerali, dimostrazione dei complessi eventi geologici che hanno portato alla formazione dell’isola.
Il paesaggio vegetale dell'Elba è in massima parte caratterizzato dalla macchia mediterranea che può variare da una forma arbustiva (macchia bassa) ad una più arborea (macchia alta), fino al vero e proprio bosco.
Nei boschi dell’Elba il leccio è la specie prevalente, insieme alla sughera, all’erica arborea, al lentisco e al corbezzolo. Sui rilievi montuosi più alti è significativa la presenza del castagno, del tasso e del carpino nero e nelle valli più fresche vegeta la felce. Altre piante presenti sull'isola sono le diverse specie di pino: d‘Aleppo, domestico e pino marittimo.
Curiosità: L’Elba, con un’estensione pari a meno di un millesimo rispetto all’Italia, ospita il 13,4% di tutte le specie vegetali.
Nella bassa macchia si trovano arbusti come il mirto, il cisto e la ginestra. In alcune zone, sopratutto del versante meridionale, compare una vegetazione estremamente bassa e rada: la gariga. Tipiche di questo ambiente sono soprattutto le specie aromatiche come il rosmarino, l'elicriso e le orchidee spontanee la cui fioritura è uno spettacolo molto suggestivo.
L’isolamento geografico ha favorito la presenza di numerosi endemismi come il fiordaliso del Monte Capanne, la Viola corsica ed il Limonio.
Curiosità: Recentemente sul Capanne è stato scoperto un nuovo endemita che fiorisce all’inizio della primavera: lo zafferano dell’Elba.
Tra i profumi della macchia mediterranea, l’Elba ospita una vivace e originale varietà di fauna selvatica. Si possono scorgere capre selvatiche e alcune specie non originarie dell’isola come il muflone, che ha trovato il suo habitat lungo i pendii della zona occidentale dell’Isola e il cinghiale, che vive nel sottobosco cibandosi di bacche e radici.
Per i mammiferi più piccoli è di rilievo la presenza della martora, della lepre, del ghiro e del riccio e alcune specie di rettili e anfibi: vipera, biacco, lucertola, geco, rospo comune, raganella, rana verde.
All’Elba è presente anche una gran varietà di farfalle, che si trovano ovunque: nei giardini, nei campi, negli orti, sulle spiagge e lungo le coste. Alcune specie sono endemiche delle isole toscane o della sola Elba.
È possibile ammirare questo bellissimo mondo di farfalle su tutto il territorio dell’Elba, ma alcuni ambienti risultano molto più ospitali. Una di queste aree è il Santuario delle Farfalle situato all’interno del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano.
La presenza di innumerevoli testimonianze storiche e culturali, unite alle straordinarie bellezze naturali e alle tradizioni enogastronomiche fanno di questa isola un posto magico; un luogo unico al mondo per riscoprire il gusto dell’esplorazione e trascorrere le proprie vacanze!
L'Elba è collegata da numerose corse giornaliere di traghetti e aliscafi, che in un'ora di navigazione coprono i 10 chilometri di mare che la separano dal continente. La sua popolazione conta circa 35.000 abitanti, divisi in sette comuni, dodicimila dei quali residenti a Portoferraio, capoluogo dell'isola.
Area protetta e fruizione
A terra le zone tutelate sono quasi il 50% del territorio elbano, compresi alcuni scogli e isolotti: le Formiche della Zanca, l'Ogliera, lo Scoglio della Triglia, l'Isola Corbella, le Isole Gemini, l'Isolotto d'Ortano, l'Isola dei Topi e lo Scoglietto di Portoferraio (zona 2). Sono tutelati anche i territori degli isolotti di Palmaiola e Cerboli nel canale di Piombino (zona 2).
A mare: il Decreto Ministeriale del 10 agosto 1971 ha istituito una Zona di tutela biologica nel tratto di mare del territorio del comune di Portoferraio, in località le Ghiaie, compresa tra Punta Falcone e Capo Bianco, dove si trova Lo Scoglietto. In tale tratto di mare è proibita qualsiasi attività di pesca, sia professionale che sportiva, eccetto la pesca con lenze e con totanaie da terra.
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C A P O L I V E R I -
COSA FARE SE SI E' STUFI DELLA SPIAGGIA
P O R T O A Z Z U R R O -
FORTIFICAZIONI ETRUSCHE ,TORRI PISANE E FORTEZZE MEDICEE
LUOGHI PANORAMICI E SUGGESTIVI
R I O M A R I N A -
PORTOFERRAIO - Le fortezze medicee - video
MARINA DI CAMPO
Vale veramente la pena visitare l'isola per ammirare il porto romano, il
paesino, la villa di Agrippa e le catacombe di epoca romana, le grotte
abitate in epoca preistorica, l'antica sorgente e le bellissime spiagge
dall'acqua trasparente.
A fine escursione è possibile fare un bagno a Cala Giovanna.
A Marina di Campo si trova l'Acquario dell'Elba, uno dei più grandi dell'Italia per la varietà di specie del Mediterraneo.
MARCIANA MARINA
CAMPO NELL'ELBA
Campo nell'Elba è un comune italiano di 4 666 abitanti della provincia di Livorno e dell'Isola d'Elba. Si tratta di un comune sparso in quanto il comune è costituito da diversi centri abitati, oggi frazioni comunali: il capoluogo è Marina di Campo.
Il territorio di Campo nell’Elba occupa la parte più meridionale e pianeggiante dell’Isola d’Elba e si estende dal golfo di Lacona fino a Pomonte. Qui è possibile passare nel volgere di pochi chilometri dalla vivace mondanità costiera a un tipo di soggiorno più tranquillo e riflessivo nelle frazioni più interne, come ad esempio nelle suggestive San Piero e Sant’Ilario. Del territorio di Campo nell’Elba fa inoltre parte l’Isola di Pianosa.
Il centro principale di questo comune sparso, costituito di borghi e piccole frazioni, è Marina di Campo,
un antico villaggio di pescatori che sfruttavano come approdo la vasta
baia sabbiosa e che oggi, proprio in virtù del suo arenile, il più
esteso dell’isola, è una delle zone tra le più battute della stagione
estiva.
RIO -
Il comune di Rio è nato nel 2018, in seguito alla fusione dei comuni di Rio Marina e Rio nell’Elba.
Il suo territorio si stende tra le meravigliose acque del mare che
circondano l’Isola d’Elba e le colline profumate di macchia
mediterranea. Una meta ideale per gli amanti della spiaggia, ma anche
per appassionati di storia e cultura.
La presenza delle miniere di
ferro, sfruttate già a tempi degli Etruschi, ha trasformato Rio nel
centro minerario dell’isola e tracce dell’attività di estrazione del
ferro si scorgono ancora oggi nelle colline dal colore rossiccio. Per
conoscerne meglio questo aspetto della storia di Rio si possono visitare
musei e vecchie miniere.
PROCCHIO -
Dalla via alberata che porta al mare si raggiunge la meravigliosa spiaggia in sabbia,
ideale per famiglie con bambini. In parte libera e in parte attrezzata
con stabilimenti balneari e molti servizi, è divisa in tre spiagge, che
sono una il prolungamento naturale dell’altra: Procchio, Campo all’Aia e ancora più avanti, la piccola spiaggia della Guardiola, dove il golfo si racchiude su sè stesso formando un'incantevole insenatura.
Monte Capanne: la vetta più alta dell'Isola d'Elba -
Sulla vetta del monte più alto dell'isola (1019 metri), durante una giornata particolarmente chiara, oltre che ammirare un panorama unico, si può spingere lo sguardo fino alle lontane isole dell'arcipelago: Pianosa, Capraia, Montecristo, Gorgona ed anche la Corsica.
Per gli amanti della natura e in particolare del trekking e del bird watching, l'Isola d'Elba offre quanto di meglio si possa desiderare per praticare l'escursionismo.
Seguendo i numerosi sentieri si può scoprire una moltitudine di microcosmi basati su delicati equilibri, ammirare varie forme endemiche, orchidee di rara bellezza, profumatissime fioriture e nello stesso tempo contemplare scorci panoramici di grande effetto.
Qui come in diverse altre zone dell'isola, nel periodo autunnale tra i boschi di lecci, sono presenti oltre 200 specie di funghi, tra cui il più ricercato e apprezzato è sicuramente il porcino nero.
La zona alle pendici del Monte Capanne, è caratterizzata da macchia mediterranea e grandi rocce granitiche, che erose dal vento, hanno assunto col tempo delle curiose e particolari forme.
Con un po' d'attenzione e di fortuna si possono osservare isolati branchi di mufloni o il maestoso volo di qualche splendido rapace.
Per raggiungere la vetta del Monte Capanne, oltre ai numerosi sentieri, vi è una cabinovia biposto che parte da Marciana, aperta nel periodo estivo. In pochi minuti si può raggiungere la cima del massiccio, godendo di un panorama unico!
I MIEI CONSIGLI - L'escursione al monte Capanne è sicuramente tra le più belle che si possono fare in auto o moto ma anche comodamente con la cabinovia da Marciana.- Anche in un solo giorno e senza mezzi a disposizione è possibile raggiungere tutti i paesini dell'isola usufruendo delle varie linee di bus pubblici da prendere al centro biglietteria di Portoferraio, lato porto, appena scesi dal traghetto. Capoliveri è da non perdere per la sua posizione panoramica ma anche, pernottando, per la sua vivace vita notturna. Chi è appassionato di sub non ha bisogno di allontanarsi dalla scogliera, gli incontri più imprevedibili accadono ( come al sottoscritto ) anche in 2 metri d'acqua.
Per informazioni su
hotel, residence, campeggi, appartamenti, case vacanza ti consiglio di vedere il sito https://www.infoelba.it/
LA CORSICA: ITALIANITÀ STORICA
Bandiera della Corsica |
Fin dai primi albori della storia, la Corsica ha fuso le sue sorti con quelle della penisola italica. Unita ad essa, oltre che da evidenti legami naturali, da vincoli di sangue fin dalle più remote origini, quest'isola italianissima, ha in ogni tempo partecipato alle vicende storiche dell'Italia tutta e, specialmente, delle terre prospicienti le sue coste: Lazio, Toscana, Liguria, Sardegna, Piemonte, cosicché si può affermare non vi sia una regione in Italia che non abbia dato a questa terra il consistente apporto della propria attività intellettuale ed economica.
Da oltre 25 secoli, il totale complesso della vita còrsa è vita d’Italia e ciò è stato scientificamente ed umanamente dimostrato oltre che dalle affermazioni di tutti gli studiosi Italiani, anche dagli scritti di numerosi loro colleghi stranieri, francesi compresi.
ITALIANITÀ GEOGRAFICA
Quando i francesi sterminarono i nostri fratelli còrsi nelle pievi meridionali dell’isola, le fiere popolazioni sarde udivano le grida da Punta della Maddalena ed accorrevano le donne scapigliate, i bambini con le mani giunte implorando dall’altra sponda misericordia. Si udivano, sulle rive del nord della Sardegna, le grida e gli appelli del popolo còrso, mentre più nitido si sentiva l’echeggiare delle artiglierie francesi. Triste e conserte, da Santa Teresa e da Caprera, le genti di Gallura vedevano ed udivano le arroganti sentinelle francesi sui bastioni di Bonifacio!Dalle coste di Livorno, dall’Ardenza, quando il cielo è terso, si vede la Corsica, da La Spezia, dalla Liguria si vedono delinearsi le catene dei monti del Capo Còrso e della Balagna e da casa mia quando la serata è chiara, vedo le luci degli abitati sulla parte Nord del " dito ", mentre dalla Francia si vede soltanto il fumo dei piroscafi carichi di immigrati che tornano periodicamente, di polizia e gendarmeria d'occupazione e di beni di consumo sempre importati che partono a destinazione d'Ajaccio o Bastia.
Anche geologicamente la Corsica è un pezzo sacro d’Italia: le profondità marine che la separano dalla Francia raggiungono i 4000 metri, mentre è unita alla Toscana da una piattaforma che non supera i 500 metri. È ben chiaro che nelle epoche preistoriche quest’isola era attaccata alla Toscana ed alla Sardegna dalla quale dista soltanto pochi chilometri. Con tutto ciò, taluni pseudo-scienziati francesi, evidentemente al soldo del loro governo, vogliono sostenere che la Corsica si distaccò ...nientemeno che dalla Provenza, a causa d'un formidabile cataclisma che la scaraventò nel golfo di Genova! ( chiaramente sorvolando Capraia e Gorgona ?).
ITALIANITÀ LINGUISTICA
La mia visuale del "dito" |
La ragione fondamentale per cui i fratelli della penisola, al loro primo sopraggiungere in Corsica, si ambientano immediatamente, consiste nel fatto che essi, parlando la lingua nazionale, oppure anche un qualsiasi loro dialetto si intendono perfettamente con gli isolani. Specie i toscani e i meridionali si sentono come a casa propria perché le parlate còrse danno appunto l’impressione di un misto tra romano, campano, calabrese, sardo-siculo e toscano. Questa impressione ha un reale fondamento scientifico: infatti, dopo gli studi in materia compiuti dall'insigne professore Gino Bottiglioni, compiuti intorno agli anni 30-40 del secolo scorso, tra i quali si distingue per importanza il suo poderoso << Atlante Linguistico Etnografico della Corsica >>, è ormai acquisito alla scienza che i dialetti còrsi risultano dalla fusione di due strati linguistici: uno più antico (e direi quasi più importante), identico a quello che forma i dialetti peninsulari del nostro mezzogiorno e quelli delle nostre maggiori isole tirreniche, ed uno più recente, che è lo strato toscano antico del duecento e del trecento, radicatosi particolarmente nella parte orientale dell'isola, quella che guarda per l'appunto verso la Toscana. Un còrso dice per esempio: << di ricchezze ni puria avè centumillanta e mor di sacca, ma eiu risteria sempre quellu chi sonu, cu è me pécure cu a me cialambella, cu a me vita tranquilla e senza pinseri >> e Voi sentite i toscanismi più puri e più arcaici in << centumillanta >>, << cialambella >> (...L'antico strumento musicale, che il grande Dante Alighieri dice << ceunamella >> ), << mora >>, << mucchio >>, ecc. misti agli elementi linguistici meridionali e insulari, l’articolo << u >> al posto di <<il>> e le finali solitamente in <<u>>.
Gli invasori francesi, hanno puntato sugli elementi còrsi non toscani sperando di poter ritrovare nell’isola delle parlate non italiane; ma questa tesi è stata distrutta dal Bottiglioni, il quale ha messo le cose a posto anche per ciò che riguarda il valore dei francesismi che pur dilagano nell’isola. Non nego che questi due secoli e mezzo di dominio straniero, orientato a snazionalizzare l’isola specialmente dal punto di vista linguistico, abbiano avuto i loro tristi effetti; i francesismi nel còrso ci sono. Ma non bisogna esagerare; bisogna - questi francesismi - vagliarli, << cernigliarli >> come dicono i còrsi al lume della storia e delle costumanze isolane. Come non contano i francesismi che, purtroppo, sono anche nell’italiano ufficiale, così non contano quelli vicino ai quali vivono gli schietti corsismi. I francesismi selezionati nel còrso, non hanno quel gran peso che gli invasori francesi e tanti italiani traditori vorrebbero, ed anche qui l’<<atlante >> del Bottiglioni dà in sintesi un quadro sincero ed evidentissimo della loro relativa importanza. Certo, sarebbe opportuna un'adeguata opera di "ripulitura", ma, comunque, anche dal punto di vista linguistico la Corsica resta una terra italianissima.
LA CONQUISTA FRANCESE DELLA CORSICA
Giunsero i primi francesi nella nostra isola di Corsica con l’inganno e la violenza, con il fuoco, il ferro e il tradimento; una moltitudine di avventurieri, di imbroglioni, di filibustieri, di generali francesi in cerca di facile gloria. Appena sbarcati percorsero rapinando le pievi dell’isola e si dichiararono padroni assoluti delle sorti del popolo còrso.
Il Generale Comandante francese chiedeva al Governo di Parigi per conquistare questa italianissima terra: << 25.000 uomini, 25 milioni di franchi e 20 carnefici >>. Lo stesso storico francese Pomureul, che partecipò alla conquista, ebbe ad esprimersi: << non parlerò mai dei diritti della Francia sulla Corsica; con della sincerità e della ragione (e non ce ne occorre molta) siamo nell’obbligo di affermare che la Francia non ha nessun diritto di occupare la Corsica se non quello, aleatorio, dell’avvenuta cessione da parte di Genova. Ma a che pro ricorrere a tale sotterfugio? Il potere di conquistarla e la volontà di farlo non sono forse, per il Re di Francia, un diritto più che sufficiente? Ce n’ è forse un altro di altra natura? Ed ogni potenza od ogni altro diritto non risulta originariamente dalla legge del più forte? Diversamente la giustizia sarebbe tutta dalla parte dei còrsi >>.
I francesi dunque, in quel lontano 1769, erano, al pari di oggi, degli intrusi e degli stranieri in Corsica, benché il Governo di Parigi si adoperasse per far passare sotto silenzio la sua brutale annessione basata sulla forza, cercando con ogni modo di diminuire l’eroica resistenza dei còrsi e << dispensandoli perfino dell’inutile commedia, come scrive il Baguenault, di un abile plebiscito >> (...come quello inscenato, quasi un secolo dopo, per la truffaldina annessione dell'italianissima Nizza, la bella).
L’annessione spontanea della Corsica alla Francia non è altro che un’atroce ed insultante leggenda inventata da alcuni storici francesi prezzolati, per offendere maggiormente la venerata memoria degli Eroi che caddero, combattendo con Pasquale Paoli, sotto il piombo francese nella battaglia di Pontenuovo, l'ultima eroica ed impari resistenza.
Il trionfo dei francesi in Corsica, dopo la sconfitta del Generale Paoli il 9 maggio 1769, fu stigmatizzato con questo popolarissimo detto: << La Francia ha vinto profondendo il denaro, con poche armi, con molte lacrime e senza alcun giuramento >>.
È dunque tempo che i francesi la finiscano con tutte le loro frottole ed i loro imbrogli.
PASQUALE PAOLI E L’ITALIANITÀ DELLA CORSICA
Il grande Eroe Generale Pasquale Paoli, detto nell'isola <<babbu di a Patria>>, nel proclamare la Corsica terra italiana ha scritto: << Siamo còrsi per nascita e sentimento ma prima di tutto ci sentiamo italiani per lingua, origini, costumi, tradizioni e gli italiani sono tutti fratelli e solidali di fronte alla storia e di fronte a Dio… Come còrsi non vogliamo essere né schiavi né "ribelli" e come italiani abbiamo il diritto di trattare da pari con gli altri fratelli d’Italia… O saremo liberi o non saremo niente… O vinceremo con l’onore o soccomberemo (contro i francesi) con le armi in mano... La guerra con la Francia è giusta e santa come santo e giusto è il nome di Dio, e qui sui nostri monti spunterà per l’Italia il sole della libertà… >>
La strana commedia di una Corsica che si dà spontaneamente alla Francia, giocata con insolente sfacciata ostinazione dai propagandisti francesi, viene smentita categoricamente dallo stesso Voltaire che afferma: << Piano! Ci vuole dell’oro e del sangue per sottomettere la Corsica al potere del Re di Francia >>. Ciò non di meno, le autorità scolastiche d'occupazione, al fine di disitalianizzare completamente alle radici la gioventù còrsa, facevano cantare fino a tempi recenti, ai bambini delle scuole di Corsica, una volta tanto nel dialetto che i bimbi usavano abitualmente tra loro: << Simu francesi o trallallero, simu francesi o trallallà!... >>. Si aggiungeva però la voce dei più grandi: << Finché la duri o trallallero, finché la duri o trallallà!... >>.
Dimostrato, anche dagli storici francesi obiettivi, che la lotta per la libertà còrsa altro non fu che resistenza allo straniero di una parte d'Italia e che il Generale Pasquale Paoli fu un Eroe italiano, primo combattente in epoca recente per l’unità della Patria, vediamo come questa strenue ed infelice lotta fu il segnale precursore del nostro Risorgimento. La Corsica fu e rimarrà per sempre l’Italia. Il suo possesso da parte della Francia rimane una provocazione per tutto il popolo italiano.
Formatosi nell'ambiente illuminista della Napoli di Antonio Genovesi e di Gaetano Filangieri, Pasquale Paoli - che si era preparato già da qualche tempo a rientrare nell'isola con un ruolo dirigente - avrebbe impresso una svolta decisiva alla rivolta còrsa: fu Paoli che gli fece assumere i connotati di prima vera (ed ingiustamente oggi misconosciuta) rivoluzione borghese d'Europa, e sua è la prima costituzione (anch'essa ingiustamente poco nota) democratica e moderna, quella che regolò la vita della Corsica indipendente dal 1755 alla conquista francese 1769.
Giunto in patria il 19 aprile, Paoli raggiunse il fratello Clemente a Morosaglia e, tra il 13 e il 14 luglio 1755, venne proclamato generale di quella che ormai, con piena coscienza, si definiva come la Nazione còrsa. L'elezione avvenne presso il convento francescano di Sant'Antonio di Casabianca. Emanuele Matra, notabile della regione di Aleria, raccolti intorno a sé un gruppo di maggiorenti avversi al partito di Paoli, non ne accettò l'elezione e diede vita ad una vera e propria guerra civile per opporvisi.
Affrontato con polso di ferro e vinto entro novembre dal neoeletto Generale della Nazione (che, secondo il console francese a Bastia, riceveva appoggi britannici), il Matra, che era sostenuto dai genovesi, fu sconfitto e costretto all'esilio. Malgrado il successo, Paoli dovrà affrontare ancora per anni le ostilità suscitate dai membri della famiglia Matra e dai loro alleati.
Tra il 16 ed il 18 novembre 1755, riunita una Consulta generale a Corte (divenuta capitale dello Stato còrso), Paoli promulgò la Costituzione di Corsica.
La nuova costituzione teneva conto della struttura istituzionale preesistente, perfezionandola e migliorandola, e, pur dovendo adeguarsi alla situazione d'emergenza, di isolamento geografico, di guerra e di assenza di un vero riconoscimento internazionale del nuovo Stato che essa istituiva e regolava, contribuì a rendere Paoli molto popolare negli ambienti illuminati di tutt'Europa e tra i coloni inglesi insorti che daranno vita agli Stati Uniti d'America e alla loro Costituzione.
La Costituzione còrsa attirò l'attenzione di tutta Europa per la sua eccezionale carica innovativa e Paoli chiese la collaborazione di Jean-Jacques Rousseau per perfezionarla. Il filosofo ginevrino rispose volentieri all'appello e redasse il suo Progetto di costituzione per la Corsica (1764).
LA CALATA DEI BARBARI
Gli invasori francesi, giunsero per la prima volta in Corsica nell’anno 1764, dopo la firma del trattato di Compiègne, col quale la Francia si impegnava ad occupare << temporaneamente >> l’isola per poi, una volta pacificata, restituirla a Genova. Ciò venne pure confermato nel trattato di Versailles del 1768, ma, per la Francia, i trattati non furono altro che << chiffons de papier >> ("stracci di carta")!
Finché i còrsi credettero agli scopi pacificatori della Francia, il loro capo Pasquale Paoli non disdegnò di trattare con loro, ma, quando il doppio giuoco di questa mediazione che non era affatto disinteressata, venne scoperto, i patrioti dell’isola si sentirono inferociti; la tradizione degli antenati era in pericolo ed a difenderla contro i francesi accorsero in massa vecchi, sacerdoti, uomini, donne e bambini. Da Capo Còrso all’estrema punta di Bonifacio fu un solo grido di riscossa contro la Francia rea e bugiarda e dovunque si impugnarono le armi: << fuori i barbari… fuori i francesi! >>. I preti facevano giurare sugli altari di morire piuttosto che sottomettersi alla Francia, i combattenti prima della battaglia lanciavano l’estremo grido di fede: << eu sò italianu! >>. Si brandirono gli archibugi tenuti nascosti nelle tombe o sotto i materassi, si armò alla meglio i più validi e chi non ebbe la fortuna di trovare un fucile andò incontro alle artiglierie francesi con gli attrezzi da lavoro, le scuri dei boscaioli delle foreste del Niolo e del Valdoniello, le falci dei mietitori di Aleria, i forconi, le zappe e quant'altro. Raccontano le cronache, che nel furore dell'ultima eroica ed impari battaglia di Ponte Nuovo, vennero sguinzagliati contro la soldataglia francese oltre tremila cani da pastore! Tutto fu tentato dai nostri fratelli isolani per resistere all’invasione dei << barbari >> ...e per tre lunghi anni durò questa epica lotta.
<< Fratelli carissimi, Dio è con noi!... all’armi all’armi o còrsi, siate tutti pronti a morire per la Corsica e per la religione di Roma. I francesi sono i nostri nemici, ci vogliono togliere la nostra libertà. Morte, morte ai francesi!... Sterminiamoli! Tutti! Tutti!!! Coraggio còrsi, il Re di Sardegna non ci abbandona! Tutti in piedi! Chi ammazza un francese va in Paradiso…! >>. Così un prete del paesino di Guano ammoniva i suoi parrocchiani. Si suonarono le campane delle chiese, il corno marino ("u columbu") chiamò a raccolta i pastori sparsi nelle foretse ed in poche settimane i << barbari >> batterono in ritirata, incendiando i raccolti e spargendo ovunque la miseria e la morte. Ma altri 40.000 francesi erano giunti di rinforzo e, dopo aspra lotta, i nostri fratelli di sangue furono totalmente distrutti - come abbiamo visto - il 9 maggio 1769 a Ponte Nuovo.
“LA PACE DEI SEPOLCRI “
La "pace" - se così vogliamo dire - venne ristabilita in Corsica ...e nell’animo straziato degli isolani calarono le tenebre dell’abbandono. La Francia, potenza occupante, era ricca, unita e potente ...mentre non lo erano gli altri italiani della penisola, frammentati e divisi in molteplici staterelli, sovente in lotta fra loro! Nessun aiuto poteva quindi venire dal resto della Patria Italia! Violentata nella sua italica tradizione, straziata nelle sue aspirazioni, impoverita con la malaria ed il banditismo, la Corsica francese incominciava il suo calvario. Chi si ribellava, non onorava << et venerava >> le strapotenti armi di Francia (sic) veniva sottoposto a torture; si ripristinava il supplizio della ruota, scomparso in Corsica fin dal medioevo, si mandavano nell’isola dei generali francesi avidi di sangue e di vendetta, si distruggevano i paesi, si incendiavano le foreste con la scusa di snidare i ribelli, si tagliavano gli alberi da frutto senza che nessuno, a Parigi, si commuovesse nel sentire << Il rapporto lacrimevole delle povere genti di Corsica >> che chiedevano giustizia proclamando sdegnosamente << Codice francese? Codice di sangue! >>. << Pace francese? Pace dei sepolcri e degli schiavi! >>.
IL TRIBUNALE …IN CHIESA E LA FORCA IN SACRESTIA
Zone di costa ancora selvaggia |
Se la tragedia della Foibe, nella Venezia-Giulia, Istria e Dalmazia del secondo dopoguerra fu terribile e sanguinosa, quella dei patrioti còrsi non fu meno crudele ed inumana.
I francesi del generale Sionville stabilirono il tribunale nelle chiese delle Pievi del Niolo. Centinaia di abitanti (uomini, donne, fanciulli) venivano accatastati nelle navate e, man mano, malmenati dalle guardie, passavano davanti ai giudici; la sentenza era presto pronunziata e la vittima passava in sacrestia dove il boia azionava la forca.
La Francia aveva fatto della chiesa lo scannatoio di quei fratelli còrsi che, coscienti della loro bimillenaria civiltà romana, non volevano piegare la fronte al prepotente invasore. Con tutto ciò da Parigi si sanciva che la Francia era la <<figlia primogenita della Chiesa>>!
IL DRAMMA DI UN POPOLO ITALIANO
Impoveriti, come visto, dalla feroce repressione e, poi, anche dalle guerre di conquista promosse dalla Francia, molti còrsi furono costretti a mettersi al servizio di quella potenza. L’abbandono delle campagne, le terre incolte, i paesi cadenti e spopolati, lo spettacolo della miseria e dell’abbandono sono le prime visioni delle genti di Corsica in mezzo allo squallore di una vita dura ed inumana. Arrivava ai còrsi l’eco delle ricchezze di Parigi; la voce della propaganda francese si insinuava fin sugli alti monti delle Pievi: << Povero còrso, scalzo ed affamato, la tua tempra è robusta, il tuo petto è audace, i tuoi garetti sono solidi, il tuo sangue è schietto, però la tua mensa è deserta, il frutto del tuo lavoro non ti potrà sostentare la vita; sarai così condannato a vivere nella povertà senza speranza di nessun conforto… Pensa bene che quando sarai vecchio non ti resterà nemmeno la possibilità di rifugiarti in un ospedale… La tua terra è maledetta, nel fuoco della tua forgia vi è il diavolo, nell’acqua del tuo molino vi è il fango, nel vino della tua vigna vi è il veleno; e poi, quale terra vuoi tu coltivare? La pianura di Aleria è malarica, il tuo mondo è in preda al banditismo, gli olivi della Balagna sono tarlati, i castagni d’Orezza e d’Alesani pure! Vieni in Francia e troverai il progresso, la civiltà, il benessere. Abbiamo bisogno di te, della tua genialità, del tuo lavoro, del tuo sangue schietto, della tua pelle per fertilizzare gli altipiani dell'Algeria, le vallate del Congo, le pianure della Cocincina (vecchie colonie francesi) …Ti daremo dei soldi! ...<<de l’argent>>!... <<de l’argent>>!!! E se tu sarai un vero francese, dirai male della tua antica Madre Patria: l'Italia, la combatterai in ogni sua legittima ed umana aspirazione, allora ti daremo dei cannoni, dei nastrini, delle pensioni, delle decorazioni; se poi sarai un servo fedele, disposto a combattere contro il tuo sangue, allora la Francia, sempre generosa, ti farà salire in alto nei posti governativi ed appagherà il desiderio che la vecchia madre espresse prima della tua partenza: <<ritorna cu lu cumandu in manu>>. Ma bada bene, povero còrso, che se un giorno ti ricorderai che sei italiano e penserai minimamente di congiungerti o di simpatizzare con i tuoi fratelli della penisola, allora non ci sarà per te che odio, insulti, minacce, commissari speciali di polizia e le famose prigioni di Calvi, di Tolone, di Nimes.
Se ti ricorderai di essere discendente delle legioni romane e non dei <<chasseurs d’afrique>> ("Cacciatori d'Africa", noto reggimento coloniale della Repubblica Francese) allora, <<sale corse>> ("sporco còrso") non ti salverà più nessuno se non riuscirai a svignartela in mezzo ai <<maccaronì>> dell’altra sponda.
Sette secoli di Corsica romana
Fallita la spedizione, non era cessata l'attenzione dell'Urbe per il mare e per questo interesse giunse anche, all'incirca nel 348 a.C., a stipulare due trattati con Cartagine, entrambi riguardanti Sardegna e Corsica; ma se rispetto alla prima isola i passaggi dei trattati sono ben chiari, i patti sulla seconda sono tutt'altro che nitidi, al punto che Servio osserva che in foederibus cautum est ut Corsica esset medio inter Romanos et Carthaginienses. Anche Polibio, narrando dei trattati, non menziona la Corsica e da questo silenzio, insieme al fatto che l'isola non figurava nemmeno nelle descrizioni dei territori a controllo cartaginese, il Pais ed altri dedussero che la facoltà di controllarla che tempo prima Cartagine aveva pattuito con gli Etruschi, si fosse da questi trasmessa a Roma. Tuttavia lo stesso Pais ricorda, per converso, che Cartagine non aveva mai rinunziato a mire sull'intero Mediterraneo, e che riponeva nella Corsica un interesse specifico, giacché a partire dal 480 a.C. ne assoldava periodicamente fidati mercenari; questa circostanza, unita ad una facile riflessione sull'importanza strategica di un'isola a vista, anzi dirimpettaia delle rive liguri, toscane e laziali, punto quindi di osservazione e di attacco, parrebbe smentire l'ipotesi di un disinteressamento di Cartagine come causa del silenzio dei trattati.Prima di potersi dedicare a terminare l'occupazione della Corsica, Scipione si allungò in Sardegna dove i locali erano in rivolta contro Roma;. Nonostante al rientro del console Scipione a Roma si celebrasse il suo trionfo per la vittoria su Cartaginesi, Sardi e Corsi, si rese necessario 23 anni dopo, nel 236 a.C., che il senato capitolino dichiarasse guerra ai Corsi ed inviasse una spedizione di conquista guidata da Licinio Varo, non coerente con il relato di già avvenuta occupazione dell'isola pervenuto da alcuni storici romani
Nell'81 a.C. furono i legionari di Silla a trovare in Corsica il luogo di pensionamento, stavolta presso Aleria, seguiti dai veterani di Giulio Cesare.
Nel 44 a.C. Diodoro Siculo visitò la Corsica e notò che i còrsi osservavano tra loro regole di giustizia e di umanità che valutò più evolute di quelle di altri popoli barbari; ne stimò il numero in circa 30.000 e riferì che essi erano dediti alla pastorizia e che marchiavano le greggi lasciate libere al pascolo. La tradizione della proprietà comune delle terre comunali non fu eradicata del tutto se non nella seconda metà del XIX secolo.
Seneca passò dieci anni in esilio in Corsica a partire dal 41. Malgrado i continui collegamenti con l'Italia e forse per la sua natura selvaggia, l'isola divenne regolare mèta d'esilio e rifugio di cristiani, che probabilmente vi diffusero la nuova fede.
In epoca Antonina si perfezionarono le vie di comunicazione interna (strada Aleria-Aiacium e, sulla costa Est, Aleria-Mantinum - poi Bastia - a Nord e Aleria-Marianum - poi Bonifacio - a Sud): l'isola era pressoché completamente latinizzata, salvo qualche enclave montana.
Sembra accertato che l'isola sia stata colonizzata dai Romani soprattutto per mezzo delle distribuzioni di terre a veterani provenienti dall'Italia meridionale - o dai soldati provenienti dagli stessi strati sociali ed etnici cui furono similmente assegnate terre soprattutto in Sicilia - il che aiuterebbe a spiegare alcune affinità linguistiche riscontrabili ancor oggi tra còrso meridionale e dialetti siculo-calabri. Secondo altre ipotesi, più recenti, gli influssi linguistici potrebbero essere dovuti a migrazioni più tarde, risalenti all'arrivo di profughi dall'Africa tra il VII e l'VIII secolo. La stessa ondata migratoria sarebbe approdata anche in Sicilia e in Calabria.
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