FANCY 1

Qualcosa per riflettere, pensare, sognare...alzare il "punto di vista"...

martedì 29 maggio 2018

THE CHEROKEES - Gli ultimi indiani d'America

                           Meglio sarebbe dire " natives " ma ormai non sarà più possibile correggere l'errore nato con l'epopea cinematografica.

 Two nations, one people.

           More than 150 years ago, the Cherokees of the North Carolina follow separate paths as they seek to keep thair tribal soul while making in the outside world.


 A ceremonial dancer wears paint and feathers adapted from the dress of his Plain forebears at the Cherokee National Holiday Powwow.












Mike Grant plays with his niece. During the busy season in Cherokee, North Carolina, he earned cash posing for snapshots: All tourists want is your indian face, so that's what you sell.Off-season work at home is scarce;when last heard from, Grant was headed for South Carolina where friends think he may have landed a factory job.




NORTH CAROLINA - Rusting visage of Sequoyah, the indian scholar who in the 1800s devised a writing system for the cherokee language, rises above the tourist clamor in Cherokee.  A gateway to Great Smoky Mountains National Park the headquarters of the Eastern Band is a Jumble of storefronts, neon signs, and tepees that draws nearly six million visitors each year to the Cherokee reservation.





Charmed by his act, a french tourist plants a kiss on Henry Lambert in the town of Cherokee.By chiefing - posing for visitors - for 44 years, he has earned enough money to educate six children and pay for his home.
         The tourists love this look, Lambert says, so, i'll be chiefing this way until Gabriel blows his horn.




                                       "  Parhaps the Mountains were calling me to return, for i could get no rest in my soul until i agreed to follow "...
wrote the cherokee poet Marijo of her 1992 move from western Tennessee to the Great Smoky Mountains.
       Hiding in the highland forest to evade forced removal, precedessors of the eastern band planted the seeds of a separate nation.
       Cedar and oak sheltered them; deer and trout susteined them.



The trail of tears.
                  Many white americans acknoledged the agrarian skills of the Cherokee,Creek and Seminole as well as thei adoption of european customs - dubbing them the Five Civilized Tribes of  the Southeast. Yet the settlers' desire for more farmland overcame their admiration. They demanded that the indians go. The president Jackson responded by signing the Indian Removal Act of 1830, setting the stage of a tragic saga - the killing exodus along the TRAIL OF TEARS to what later became Oklahoma.
                  A minority faction of Cherokee agreed to emigration of the entire nation by signing the treathy of New Echota in 1835. But news of calamities suffered by other tribes being forced west strengthened the resolve of some cherokee to stay on their ancestral land.
                   Despite a U.S.Supreme Court ruling that allowed the Cherokee to remain, most were rounded up by soldiers and detained in concentration camps.
                   A thousand or more others fled into the Great Smoky Mountains and became the ancestors of today's Eastern Band. Following distraous relocations by river under military control, principal chief John Ross negotiated with Gen.Winfield Scott to permit the Cherokee to conduct their own removal overland.   Beginning in August 1838, the remaining detainess - 12.000 in all - set out in 13 ragtag parties. By the time the last exiled Cherokee arrived in Oklahoma in 1839, the forced march had claimed as many as 4.000 lives.


                Adding a golden moment to their memory books, cheerleaders launch a parking-lot pep rally before Sequoyah High School homecaming game. Originally an orphanage housing indian children who lost parents during the civil war, the school serves some 300 Native American boarding and day students who take courses degned with an indian perspective.





Down to the smallest flutter of sacred eagle feathers, a chile learns a Cherokee dance from his grandfather.The elder fashions buckskin and buffalo hide into fancy Plains dress;
Traditional Cherokee dress was simpler and earthier in color.
"We mix upour indian regalia and customs a lot, says the Cherokee,"but we've still got our old ways.












Sporting a haircut in praise of pro basketball idol
Shaquille O'Neal, at far right is proof that pop culture is making inroads into Snowbird North Carolina, among the most isolated and traditional of Cherokee communities.
                      Two brothers wear mohawks, a hairstyle borrowed from the Iroquois of the Northeast.
               Yet, for the boys custom stops there.
They don't like the traditional food we eat like bean, bread, mustard geens and corn meal, says their aunt, they'd rather eat at McDonald's.



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venerdì 25 maggio 2018

ELIOPOLI - La città del sole di Cosimo de' Medici

SUL SASSO DI SIMONE         
Il   Sasso di Simone con il fratello "il Simoncello"

                                    L'ultima notte fu certo la più terribile. La bufera aggrediva il Sasso ormai da giorni, senza tregua. Famelici branchi di lupi si aggiravano tra le case abbandonate e le bestie più audaci vi erano già penetrate scavando una tana. Un vento fortissimo squassava le imposte e fischiava tra le tegole. Il corpo di guardia resisteva rinchiuso nella torre, debilitato da fame e freddo, consumando l'ultima legna in attesa della partenza fissata per il giorno seguente. Era l'anno 1673.
                  L'inverno, come sempre, era arrivato all'improvviso sul Sasso di Simone, un baluardo naturale posto a cavallo fra Granducato di Toscana e le terre del Papa. Tutte le speranze erano ormai perse. Non vi sarebbe mai stata una città su quella rupe a più di mille metri d'altezza. La natura avrebbe presto fatto giustizia: Le erbe, la neve, il vento e il ghiaccio avrebbero cancellato il sogno a lungo cullato da un giovane principe fiorentino.
Panorama verso il Montefeltro
                  Più di cento anni prima, una bella mattina di Luglio del 1554, Cosimo I° de' Medici, signore di Firenze e duca di Toscana, era salito fin lassù e aveva deciso, col conforto dei suoi ingegneri, che si sarebbe fondata una città. Non una qualsiasi, ma un centro ideale: Eliopoli, quella città del sole a cui si ispirò poi, nel 1602, Tommaso Campanella per il suo progetto di repubblica utopica. Il sito prescelto si prestava magnificamente: Una possente rupe calcarea elevata sopra una grande foresta e sulla cui sommità si apriva un grande ripiano pratoso. Non vi sarebbe stato nemmeno  bisogno di mura, tanto erano dirupati e inaccessibili i suoi fianchi.


                  Altri prima di Cosimo vi avevano intuito il valore strategico: Una romita abbazia vi era stata costruita nel secolo XI e poi, dopo quattro secoli di vita, abbandonata, mentre Novello Malatesta di Cesena attorno al 1454 avrebbe voluto erigervi una fortezza che "..come un leone fortissimo potrebbe annientare tutti gli altri castelli e luoghi circostanti senza timore di attacchi " , senza però concretizzare nulla. Ora invece Cosimo era all'apice delle sue fortune. Salito al potere nel 1537 aveva appena piegato gli ostinati senesi e si era già da tempo conquistato il favore dei grandi imperi europei nell'Italia di allora.
                 Assicurata l'indipendenza del ducato si proponeva di rafforzarne le difese con la costruzione di potenti piazzeforti, studiate per resistere alle nuove tecniche di assedio introdotte da qualche tempo con l'uso delle armi da fuoco. Aveva già munito Arezzo, Pistoia, Borgo San Sepolcro, Empoli e progettava una nutrita schiera di torri costiere e porti fortificati come Livorno e Portoferraio ( in suo onore chiamata Cosmopoli ) per guardarsi dai pirati del Tirreno.
Aggiungi didascalia
                Quì, dove il ducato sconfinava oltre l'Appennino, accarezzava l'idea di due nuove città; quale mezzo migliore per celebrare la potenza del principe, il suo governo illuminato, la modernità delle sue scelte politiche?
                                   Eliopoli - La "Città del Sole" sul Sasso di Simone, assieme alla consorella "Terra del Sole", vicino a Forlì,sarebbe stata la punta di diamante della presenza toscana sull'Adriatico. A tempo dovuto, pensava Cosimo, il nuovo centro abitato avrebbe costituito una buona base d'appoggio per future espansioni.
                 Nel 1566 si gettò la prima pietra "..con molto solenne precisione, messa cantata, conti e contesse assai e gran concorso di popoli e parsi che fusse come una gran fiera..." scrive un cronista dell'epoca. Ma l'impresa si rivelò subito difficile. La gente del luogo, di Sestino, di San Sepolcro, per prima non vi credette. Fin dall'inizio guardò con diffidenza, se non con ostilità al progetto. Nulla, nemmeno la costrizione delle armi li avrebbe convinti a trasferire le loro dimore sulla montagna, lontano dai campi, dalle vie di comunicazione, dai centri della vita e del commercio." Una follia " dicevano, e avevano ragione. Il clima era peggiorato in quel volgere di secolo, le stagioni si facevano sempre più fredde e di conseguenza anche i raccolti ne soffrivano, garantendo a fatica la sussistenza alimentare. Inoltre il Sasso era lontano dai centri di approvvigionamento e tutto doveva essere trasportato da grande distanza: pietre, sabbia, viveri e anche la legna per non depauperare la grande foresta di cerro che lo avvolgeva completamente.
                Per oltre dieci anni decine di manovali, sopratutto lombardi, furono coinvolti nei lavori ma solo nei mesi estivi; al calare dei primi freddi si sospendeva ogni occupazione e solo un manipolo di guardie restava di vigilanza. La stagione successiva si doveva riprendere daccapo poiché l'imperversare dell'inverno riduceva quasi sempre in macerie quello appena costruito. Si stava intavolando una dura lotta con il tempo e con la natura. Il sole d'oro che campeggiava sugli stemmi della città iniziava ad apparire beffardo e malaugurante.Anche il podestà e l'arciprete di Sestino che avrebbero dovuto risiedere sul Sasso, cercano in tutti i modi di defilarsi. Nel 1577 delle cinquanta case sono abitate solo una decina. Nonostante l'istituzione del Tribunale di Giustizia ed altri ruoli amministrativi, l'impressione è che nella città, specie in inverno, vi si ricoverino solo gli emarginati: miseri artigiani, pastori, carbonai e certamente qualche bandito o confinato.
Così doveva essere il primo nucleo della città ideale voluta da Cosimo de' Medici sul bastione naturale del Sasso di Simone. Secondo il progetto il borgo doveva ospitare inizialmente la guarnigione militare e circa trecento abitanti per poi crescere fino a occupare i cento ettari della sommità pianeggiante del Sasso. Lo stemma della città era un sole, simbolo della luce, della ragione e della verità a richiamare i dettami neoplatonici, molto in voga tra gli intellettuali fiorentini del periodo. Delle tre eliopoli che aveva progettato Cosimo non riuscì a vedere il completamento di quella del Sasso ma fondò e parzialmente realizzò Portoferraio all'Elba e Terra del Sole, vicino a Castrocaro
                                     La città o quello che doveva essere, sopravvisse a se stessa per alcuni decenni, poi fu avvolta dal buio delle notti, dal freddo e dalla rovina. Venute a mancare le ragioni economiche cessarono anche quelle strategiche.Nel 1631, alla morte di Francesco II Della Rovere, il ducato di Urbino fu incamerato nei beni della Chiesa e ogni minaccia da parte di coloro che furono pericolosi vicini dei Medici venne a cadere.


lunedì 21 maggio 2018

COME UCCIDE LA BOMBA ATOMICA - che i giovani sappiano!

Effetto semplice e letale  
Atollo di Mururoa - esperimento nucleare della Francia

                     Il modo in cui le radiazioni ionizzanti derivate dall'esplosione di una bomba atomica uccidono è semplice nell'azione e diabolico per gli effetti.
                     Chi ha studiato un po' di chimica si ricorderà dei legami atomici ( ionici o covalenti ) e cosa è la ionizzazione di un atomo. Quando due atomi si legano fra loro per formare una molecola, anche una molecola organica come quella del DNA, condividono due elettroni ( legame covalente ).
                     Le radiazioni ionizzanti spezzano il legame assegnando entrambi gli elettroni ad uno solo dei due atomi. Si vengono così a formare i "radicali liberi" che hanno una fortissima tendenza a reagire con grande facilità con altre molecole.
                     In un organismo questo significa scatenare una reazione a catena a carico di qualsiasi molecola, modificandola fino ad intaccare le informazioni base della vita: La lunga doppia elica del DNA. - Le proteine o le altre molecole sciupate in una cellula dell'organismo possono essere sostituite, ma non il DNA che contiene le istruzioni necessarie appunto a riparare i danni.
                    A quel punto il progetto è guastato, non si può più tornare indietro.
                     Sono passati due giorni e perdete i capelli, cominciate a vomitare afflitti da una diarrea incontenibile, perdete sangue da tutti gli orifizi naturali.
                    Se vivete e siete fortunati non avrete figli oppure potreste partorire mostri, ma più probabilmente morirete di cancro o leucemia. Mentre intanto rimanete perfettamente lucidi e consapevoli perché le cellule del vostro cervello, che non si moltiplicano più, ma sono più o meno le stesse di quando siete nati, non vengono danneggiate; lentamente "smettete di funzionare".
                    A chi tocca questa sorte? Non a chi ha ricevuto la bomba sulla testa perché è già diventato una nuvola di gas. Non a chi era poco più distante e ora è un pezzo di carbone frantumato o un corpo dilaniato dalle ustioni.
                    Capita invece a chi è più lontano, anche a voi che ve ne stavate a casa ma avete mangiato, bevuto e respirato troppi isotopi radioattivi prodotti dalla bomba.
                    L'orrore non è finito perché gli stessi effetti si manifestano anche sui microbi che stanno sulla punta di uno spillo dimenticato in un cassetto, ovvero su tutto ciò che vive e vi sta intorno.
                    La bomba atomica non è solo la morte. E' qualcosa di più. E' la negazione stessa del principio della vita. Non conta dire: la bomba ce l'ho io e non il mio nemico. Se lanciate quella bomba è finita lo stesso, prima o poi. Magari per colpa di un pesciolino che piano piano, dall'atollo di Mururoa nuota fino alle reti che lo porteranno nel vostro piatto.

                    E non c'è esperimento che tenga. Le sedicimila persone uccise dagli americani in prove effettuate sugli effetti delle radiazioni, e tutte le altre ignote, probabilmente più numerose, che hanno fatto la stessa fine in Russia o in Cina, sono morte per niente.
                    Le stesse osservazioni si potevano fare e sono state fatte in occasione di fughe accidentali di materiale radioattivo, senza andare in capo al mondo, anche nel reparto radiologia di un qualsiasi ospedale. Perché allora fare esperimenti con l'esplosione della bomba? Per soddisfare un male terribile come il cancro indotto dalle radiazioni: La sete di potere.


Mururoa vent’anni dopo
l’ultima atomica: «La Francia
deve indennizzare le vittime»

L’inviata del Corriere che nel 1995 raggiunse l’atollo con la barca di Greenpeace (e fu arrestata dai francesi) raccontò come Parigi devastò gli atolli con 193 test nucleari in trent’anni. Nel ‘96 gli esperimenti furono fermati. Oggi Hollande ha affrontato a Tahiti il delicato tema dei risarcimenti.


venerdì 11 maggio 2018

RUSSIA - Capitolo 2°

  Dalla trincea sul Don

 ...

II°)  Fronte sfasciato - Si salvi chi può

                          Dunque, torniamo ai nostri che ora, dopo lo sfascio completo del fronte sul Don, si trovavano a dover affrontare altre e per la maggior parte di loro letali, peripezie e tuttavia, quasi sollevati dal fatto che non si vedeveno più piovere bombe sulla testa, si raggruppavano per organizzarsi nella ritirata in una sorta di sommessa allegria, non immaginandosi che in quella ritirata sarebbero stati sterminati dal freddo e dalla fame.
           Quei pochi infatti che sfuggirono alla tragica sorte, lo dovettero secondo me a particolari capacità personali di inventiva e improvvisazione, abilità singole e volontà caparbie, come al solito, tutte italiane.
            Mio padre era sempre stato abituato fin da piccolo a trattare con i cavalli; era una famiglia di quelli che oggi chiamiamo "autotrasportatori", solo che come mezzo di trasporto all'epoca c'era il famoso barroccio trainato da cavalli: - nella stalla di Castagneto, in Via Umberto, subito sopra al "Moro", la cura di quegli animali ( che lui mi ricordava essere intelligentissimi ), era principalmente affidata a Lido, che era il più piccolo ma era presto diventato assai abile nell'accudire "le bestie" e provvedere a tutte le loro necessità;  durante il giorno si dovevano sgroppare notevoli carichi su quelle strade sempre immancabilmente sterrate.


            Però, quando il piccolo Lido non era impegnato a "spaccare le pietre" nella fossa di Bolgheri ( dovrei aprire un'altra parentesi per parlare un po' di quell'infame mestiere, appunto lo spaccapietre di cui conservavo fino a pochi anni fa il testimone, il particolare martellino ) seguiva sempre sul barroccio il fratello Alamanno, il patriarca:- Si perché era il più grande fra sette fratelli e sorelle ai quali lui doveva fare da padre essendo Tommaso, il vero padre, mancato già da giovane a causa di un incidente.
            Ma veniamo al punto, a quell'unica avventura che a mio padre era rimasta "scolpita" nella mente come la scena di un film e mi raccontava spesso con tutti i particolari: - L'assalto dei fascisti al Pontedoro.
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giovedì 10 maggio 2018

LA RICETTA STORICA DELLA CUCINA DI CASTAGNETO CARDUCCI - BOLGHERI

TESTA DI CINGHIALE
 ALLA CASTAGNETANA          



La bellezza del cinghiale sta quasi tutta dalle spalle in sù. 
Non è che il dietro sia da scartare anzi,
 ci sono parti ottime,magre e saporite,
come la lombata e il coscio, si potrebbe
 aggiungere anche i "santissimi" che sono
 una squisitezza da buongustai; ed infatti
 al primo che posa il piede sul maschio
abbattuto gli spettano di diritto.
Ma lassù, dalle spalle in avanti, c'è tutto: bellezza, forza, fierezza, astuzia e bontà. Pare però
 che questa verità, che tutti conoscono e apprezzano venga messa in pratica solo a Castagneto Marittimo, 
dal momento che solo quì sanno trattare la testa con arte divina che si tramanda di generazione in 
generazione.
Una bella testa ha setole irte e magari zanne ricurve e feroci, se si tratta di un maschio fiero
 e attempato; ma sopratutto va tagliata vicino alla spalla, ché nel collo c'è il meglio.
Avuta comunque una bella testa, attaccala a grugno all'insù, per qualche giorno, al soffitto della cantina
 o in altro luogo al fresco e all'aria.
Quando le gocce di sangue saranno diventate rade e scolorite e l'occhio spento, viene il momento più
 difficile. Per prima cosa la testa va rapata a zero, lavoro noioso e importantissimo perché la cotenna deve 
rimanere intera e liscia come un uovo.Sicché cerca di svegliere le setole a mano finché puoi e dopo, con
 un ferro arrovito di continuo, brucia tutti i peli fino all'ultimo.E t'accorgerai che non basta.Allora dagli 
 sotto a strusciar la cotenna con acqua bollente e mattone, poi, con un coltello di filo, (rasoio) radilo pelo
 e contropelo. Lavorato che l'hai, riattaccalo per qualche ora a prosciugare.
A questo punto la testa va disossata stretta e poi, messi da parte cervello, lingua e ritagli, va
 strofinata con limone, spizzicottata di sale e pepe spruzzata d'olio e aceto e affogata in tanti odori, 
ramerino, salvia, sedano, prezzemolo, timo, cipolla,aglio e foglie d'alloro, tutto a pezzi grossolani.
Due giorni lì, a perdere d'odoracci e di durezza e a guadagnar di sapore.Poi l'atto finale: 
prepara un battuto fine con gli stessi odori, un pizzicotto di tutto, ma specialmente ramerino, che dove c'è 
il grasso ci vuole, e salvia che serve al servatico, e sale e pepe e spezie, ma quì prendila con le molle,
 perché il troppo stroppia: le spezie, come il sale, il pepe, il fuoco e il tempo, è un'arte che non si insegna,
 è l'istinto del cuoco.
Inzacchera bene del battuto l'interno della testa, riempila di cervello, lingua e ritagli, chiudila, 
legala strinta, magari in due pezzi nel caso ( a Dio piacesse! ) fosse troppo grossa. 
Così sistemata, adagiala con amore nel paiolo, coprila con olio, vino e acqua in dose di 1, 2
 e 3, aggiungi qualche foglia di alloro, un po' di buccia d'arancio, uno spicchietto di limone, un paio di
 cucchiai d'aceto, un bicchierino di grappa, naturalmente sale e mezzo peperoncino, e a piacimento,
 perché sui gusti un ci si sputa, (ndr. interpretazione castagnetana del famoso “non disputandum” ) 
 mezzo cucchiaio di cioccolato fondente, una mezza tazza di uva secca rinvenuta nell'acqua, e una 
manciata di pinoli.
Chiudi il paiolo e finalmente attaccalo sul fuoco. S'è già detto che il fuoco e il tempo non si
 insegnano, però fuoco lento e tempo lungo è difficile che tradiscano.
Quando il forchettone entra facile e l'unto canta a voce bassa si può dir pronta: sbollentata, tagliata a dischi, servita calduccia.
Al tempo che ci hai perso pensaci soltanto quando assaggi il grasso e il grugno !
Castagneto Marittimo 9 Dicembre 1894.


NDR. – Un consiglio: non lasciatevi infatuare dalla poetica e dalla fantasia! Questo piatto
 va oltre le possibilità dei comuni mortali! Non è solo una questione di cucina ma anche 
di alta macelleria e presuppone anche di avere locali disponibili perfettamente attrezzati 
allo scopo. Però a Castagneto Carducci ( parlo sempre del centro storico e non delle 
frazioni ) c’è ancora qualcuno che….
VINI - Inderogabilmente rossi ma non i barricati che quì risulterebbero troppo impegnativi 
mentre è meglio abbinare vini molto giovani e per questo leggeri, dato che la quantità 
che vi accompagnerà potrebbe "prendervi la mano".


20/11/2004 - L. Fancelli VEDI le altre ricette di cucina

domenica 6 maggio 2018

IL BARBIERE DI RUSSELL

Paradossi formulati per spiegare il concetto di "infinito".

                                    Nel 1904 il filosofo e matematico britannico Bertrand Russell ( 1872 - 1970 ) rese pubblica una versione popolare del suo paradosso.
                                    In questa versione Russell proponeva di immaginare un paese in cui ci fosse un unico barbiere che sbarbasse tutti gli uomini che non si sbarbavano da soli.
                                    Ci si chiede quindi se il barbiere si taglia la barba da solo o no.
La risposta è che il barbiere non può farsi la barba...ma che allo stesso tempo non può evitare di farsela.

mercoledì 2 maggio 2018

OMAGGIO AI MIEI LETTORI -

QUESTA NON LA TROVATE NEI MANOSCRITTI



Una vera "chicca" tramandata  oralmente, riguardante un personaggio che a Castagneto ha dato il cognome  e che quì è ancora ricordato più che per le sue opere, per le grandi ribotte a cui era solito partecipare, in cui il vino scorreva " a fiumi". Siccome i partecipanti erano chi più chi meno un po' tutti dei rimatori, il povero Giosuè doveva sorbirsi tutto ciò che capitava. Questa che segue è appunto una strofetta, partorita ad una ribotta col poeta, dall'avvocato Bacci ; - Poi passò davanti a San Guido .....
  QUANDO TU MORIRAI, PER POCA STIMA,

UNA POVERA BARA TI FARAN DI PIOPPO,
CI METTERANNO UN FIASCO D'ACQUA IN CIMA,
DI VINO NO'  CHE N'HAI BEVUTO TROPPO,
CI SCRIVERANNO UN EPITAFFIO IN RIMA,
CHE NON ABBIA NEPPURE UN VERSO ZOPPO,
CHE DICA: OR CHE IL CARDUCCI IN QUESTA FOSSA GIACE,
FINISTE O MORTI DI GIACERE IN PACE.
                  @@@@@@@@@@@@@@@@@@@
L'ULTIMO RIMATORE