Dai moti Castagnetani fino all"Ultimo Anarchico"
Dai moti Castagnetani fino all"Ultimo Anarchico"
Il personaggio, ormai certamente noto a tutti coloro che si sono interessati della storia castagnetana, si presta a varie interpretazioni sia perché le notizie certe sono frammentarie
e dovute a rara documentazione reperibile
solo dalle “ autorità” sia perché la collocazione politica è diametralmente opposta al potere allora assai asservito
all’ ambito nobiliare. La tradizione orale tramanda la storia di un
gruppo di “congiurati” che in
maniera anonima, cioè vestiti di tunica con cappuccio completamente
coprente il
viso ( probabilmente da qui il
soprannome de Il Frate ) in modo che nessuno fosse a conoscenza
dell’identità degli altri,
si riunivano ( il luogo non risulta
identificato ma è da presumersi che di volta in volta si scegliesse un
punto idoneo nelle
folte macchie castagnetane ) per far
scegliere alla sorte colui che avrebbe avuto il compito di eliminare
fisicamente il prepotente
di turno, col semplice sistema
dell’estrazione della pagliuzza più lunga. Naturalmente Lorenzo fu sorteggiato ma nell’eseguire il compito assegnato non
fu così preciso come richiesto tanto che il ferito pur non potendo parlare perché
con la gola tagliata,
fece in tempo a dare indicazioni (
come non è dato sapere, ma tuttavia questo risulta dalla cronaca “del
potere”:
- Appare senz’altro più credibile
che, come sempre in questi casi, pur non avendo alcuna prova in mano, si sia preso un personaggio già ampiamente conosciuto
per la sua intolleranza verso il potere (
vedi quei numerosi “fatterelli”
e reati già commessi contro la
proprietà, che il Bezzini liquida sbrigativamente come brigantaggio e
criminalità comune )
e colto l’occasione per incastrarlo
dato che in un modo o nell’altro andava incastrato. Così, sulla base
di ipotesi e indizi basati su non si
sa quali testimonianze, ( quella della vittima
non fu comunque, nel momento,
ufficializzata ) fu imprigionato nelle carceri del paese allora
dislocate nei fondi dell’attuale
palazzo civico.E qui accadde ciò che
inficia dalla base la teoria sostenuta dal Bezzini: quando mai il
popolo insorge per
proteggere un ladro e un assassino?
Mi risulta ( ma qui dovremmo
insegnare la
storia proprio a un maestro?) che il
popolo semmai ( e nemmeno sempre ) solidarizza con chi colpisce un
potere diventato insopportabile,
soggiogatore e limitatore delle
libertà, mai e dico mai si è visto una sommossa di popolo a favore di un
ladro per assicurargli
il suo personale maltolto o per
salvarlo dalla giustizia quando abbia ucciso una persona per derubarla.
Ma andiamo avanti
coi fatti: Il magistrato venuto
appositamente da Volterra ( allora sede di amministrazione e già carcere
di primaria importanza
) insieme al Podestà per eseguire il
processo ( tutto fa presumere che ci fosse già l’intenzione e la
convinzione di
poter eseguire uno sbrigativo e del
tutto sommario processo ) si trovò di fronte ad una vera sommossa del
popolo castagnetano ( prima e
unica vera sommossa nella storia pur travagliata di questo paese ) che
riunitosi
proprio nel borgo, e su’ fino sotto
al muro del palazzo comunale, munito di falci e forconi come nella
migliore tradizione
popolare, instaurò un tale
“baccanale” che i suddetti podestà e Prefetto ritennero per loro assai
più salutare
optare per la liberazione di
Lorenzo. Naturalmente la cosà non finì lì: in un secondo tempo,
riorganizzandosi e mettendo
insieme altre sufficienti
testimonianze ( possiamo facilmente immaginare come ) Lorenzo Fancelli
fu di nuovo imprigionato
e, questa volta con la massima
discrezione, fu rapidamente trasferito nelle carceri di Volterra ( assai
più sicure ) da dove
non uscirà mai più se non cadavere.
Al di là del giudizio più o meno opinabile sul personaggio, che certo
non può essere
sbrigativamente liquidato come uno
dei tanti briganti di cui l’Italia intera era infestata ( e pure su di
essi l’analisi non può non
tenere conto dei processi storici che lentamente andavano maturando )
ma sicuramente un precursore di quei
moti di ribellione che solo successivamente si manifesteranno a livello
più ampio: Basti
pensare che le azioni più eclatanti a
livello di Carboneria si avranno solo intorno al 1820 mentre Lorenzo
muore a Volterra
intorno al 1770 ( e quindi nasce
presumibilmente ai primi del ‘700 ). Movimenti che poi avranno ancora
successive maturazioni
e sfoceranno proprio in Toscana in
uno dei pilastri del pensiero anarchico internazionale
rappresentato da Pietro Gori ( ma qui siamo molto più avanti dato che quest’ultimo muore all’Elba nel 1911
). Non possiamo tuttavia fare a meno di notare che quello stesso Pietro
Gori ha passato la fanciullezza e quindi i
momenti più significativi nella formazione
del carattere proprio nel nostro
paese ( vedi lapide in piazza San Bastiano ) nella forgia di quegli
“spiriti inquieti” da sempre in
lotta contro la nobiltà prepotente e le istituzioni ad essa asservite,
fucina di ribelli che contro i
Gherardesca costituirono la società dei “Comunardi di Castagneto”. E’
un altro personaggio che con
strumenti assai diversi segue la stessa strada adoperandosi per la
difesa dei poveri e degli
oppressi solo con l’arma della
parola e l’uso sapiente ( dato che era avvocato ) del diritto, mentre al
tempo
di Lorenzo l’unica arma era il
coltello e la lotta necessariamente violenta. Ma torno a sottolineare
che il personaggio
di Lorenzo Fancelli non è da
considerarsi nemmeno un eroe solitario, un Robin Hood del momento ( che
già sarebbe un fatto
di portata storica ) ma va visto nel
contesto di una situazione del tutto particolare allora in Italia e io
azzardo a dire
forse unica: la presenza di una vera
e propria setta segreta che agisce e vive insieme al popolo non come
espressione di gruppi
elitari intellettuali di mazziniana
memoria ma come immediata esigenza di sopravvivenza e risposta diretta a
spinte ideali
ancora “in nuce”. Sembrerà un fatto
quantomeno insolito ma, sia perché porto il suo stesso nome, sia perché
sento sempre prorompere un impeto di
incontenibile ribellione davanti all’ingiustizia ( il sangue è sangue ) dedico al mio antenato le
seguenti righe, che la sua anima riposi in pace:--------
O gentil, sottil maestro,----------------------------------
Cantor dei tempi e del paese nostro,-----------------------
il nome mio sul tuo capestro,----------------------------
mettesti in piazza come raro mostro,--------------------
or dalla tomba e dalla nera terra,----------------------
suoni il mio grido fino a Volterra,---------------------
non sei tu giudice né uomo pio,--------------------------
falso e bugiardo davanti a Dio,--------------------------
sempre a far lega con la padrona nobiltà,----------------
quando il popolo lottava per la propria libertà,----------
tu mettesti in croce un’altra volta ancora,----------
chi caduto fu, or come allora.-----------------------------
Per far piacere ai tui cari protettori,--------------------
non esitasti a pubblicar la storia,------------------------
ma senza fede né valori,-----------------------------------
mi facesti passar per uom di boria,------------------------
annota tu ch’io fui invece,--------------------------
far di giustizia a tanta gente,----------------------------
non temo i forti e la tua specie,--------------------------
ti aspetto al varco,abbilo a mente,------------------------
e men che men di tutti temo,-------------------------------
il tuo figur che adesso chiamo,----------------------------
da questa tomba aperta ora ti bramo------------------------
per
far giustizia al modo mio che amo!---------------------
-----------------------------------------------------------
(Lorenzo Fancelli
----------------------------------------- ( ----------in memoria di
LORENZO FANCELLI )
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Se ci fosse qualche dubbio sulla
esistenza di un “ castagnetano pensiero “ originatosi proprio ai tempi
di Lorenzo
e sempre più consolidatosi ed uscito
“allo scoperto” man mano che il processo di civilizzazione sociale
andava
procedendo, voglio qui ricordare
alcuni personaggi che possono essere considerati l’espressione migliore,
oggi riconosciuti
di rilievo nazionale nel processo di
formazione dei primi movimenti popolari e della nascita di una
coscienza di classe. La
semplice lettura delle loro
biografie è sufficiente ad inquadrare le figure in un contesto socio
culturale maturato a Castagneto
già da lungo tempo: - Un po’
difficile qui ricondurre il collegamento a personaggi della delinquenza
comune! Seppure
il tentativo da parte di chi si
sente minacciato nel potere o nel patrimonio sia sempre
lo stesso e poi comunque riesce
sempre ad avere la meglio godendo di tutte le esistenti disponibilità di
mezzi e di potere
ufficialmente riconosciuto contro un
movimento ideale che ancora deve trovare un’ efficace organizzazione e
sviluppo.A
dimostrazione dello spirito
“indomito” dei castagnetani si veda anche la figura seguente rappresentante della famiglia Borsi
il cui più noto esponente fu
poi il figlio Giosuè ( ricordato nella lapide posta a metà del borgo )
poeta contemporaneo
del Carducci poi morto in
combattimento durante la prima guerra mondiale AVERARDO BORSI nacque a
Castagneto (LI) nel 1858,
da una famiglia di commercianti di
stoffe.
Studioso autodidatta, si era formato una vasta e profonda cultura letteraria e giuridica. Fu legato ai partiti ed ai circoli anticlericali e fu iscritto alla Massoneria. Intimo del Carducci e del Pascoli, fu amico anche dei maggiori e più famosi suoi contemporanei: Ma scagni, Marrani, Niccodemi, Fattori, Novellini. Iniziò la carriera di giornalista a Livorno, collaborando ai quotidiani "Il Telegrafo", la "Gazzetta Livornese", "Il Telefono", "L'Elettrico". Nel 1895 fondò il "Corriere Toscano" e lo diresse fino al 1898, quando acquistò "Il Telegrafo" e "La Gazzetta Livornese", assumendone la direzione e rinnovandone l'assetto redazionale e la veste grafica. Nel 1907 si trasferì con la famiglia a Roma, dove si affermò sempre più come giornalista e uomo politico.
Tornò in Toscana per dirigere e poi acquistare il "Nuovo Giornale" di Firenze, nato nel 1906.
Oltre che valente giornalista, fu scrittore di drammi (ricordiamo "Il Dominatore" del 1906).
Morì improvvisamente di peritonite a Firenze, il 23 dicembre del 1910.
Studioso autodidatta, si era formato una vasta e profonda cultura letteraria e giuridica. Fu legato ai partiti ed ai circoli anticlericali e fu iscritto alla Massoneria. Intimo del Carducci e del Pascoli, fu amico anche dei maggiori e più famosi suoi contemporanei: Ma scagni, Marrani, Niccodemi, Fattori, Novellini. Iniziò la carriera di giornalista a Livorno, collaborando ai quotidiani "Il Telegrafo", la "Gazzetta Livornese", "Il Telefono", "L'Elettrico". Nel 1895 fondò il "Corriere Toscano" e lo diresse fino al 1898, quando acquistò "Il Telegrafo" e "La Gazzetta Livornese", assumendone la direzione e rinnovandone l'assetto redazionale e la veste grafica. Nel 1907 si trasferì con la famiglia a Roma, dove si affermò sempre più come giornalista e uomo politico.
Tornò in Toscana per dirigere e poi acquistare il "Nuovo Giornale" di Firenze, nato nel 1906.
Oltre che valente giornalista, fu scrittore di drammi (ricordiamo "Il Dominatore" del 1906).
Morì improvvisamente di peritonite a Firenze, il 23 dicembre del 1910.
PIETRO GORI -
Nasce
a Messina da Francesco Gori e Giulia Lusoni. La famiglia è originaria
dell’Isola
d’Elba, il padre è un ufficiale
dell’esercito già cospiratore risorgimentale, la madre è originaria di
Rosignano
Marittimo.Il nonno era stato
ufficiale della Vecchia Guardia di Napoleone I. Stabilitasi la famiglia a
Livorno, Gori compie
studi classici, aderendo
giovanissimo ad una “Associazione Monarchica” dalla quale viene espulso
per indegnità. Collabora
al periodico moderato “La Riforma”.
1886-1889 S’iscrive a Pisa alla facoltà di Giurisprudenza ed entrato
in contatto con gli ambienti
anarchici ne diventa ben presto uno dei leader più in vista. Come
segretario dell’“Associazione
Studentesca” organizza una
commemorazione di Giordano Bruno.
1889 Si laurea in giurisprudenza all’Università di Pisa con una tesi di sociologia criminale su
“La Miseria e il Delitto” ispirata alle idee dell’allora nuova “Scuola Penale Positiva”.
Il noto professore Francesco Carrara è relatore della tesi.
1889
(novembre) Il suo primo opuscolo “Pensieri ribelli”, firmato con
l’anagramma
“Rigo”, che raccoglieva i testi
delle prime conferenze del giovane militante libertario, viene
sequestrato dalle
autorità che bandiscono un processo
contro Gori per “istigazione all’odio di classe”.
Un nutrito stuolo d’avvocati, amici di corso e professori, difenderà Gori in questo suo primo processo che
lo vedrà assolto da tutte le accuse.
1890 (1°
maggio) Manifestazione e scontri a Livorno tra operai e forze
dell’ordine. Gori insieme
con altri 27 studenti ed operai sono
accusati di “ribellione ed eccitamento all’odio fra le diverse classi
sociali”,
ed è indicato come organizzatore
dello sciopero preparato per quella ricorrenza.
Arrestato
il 13 maggio è processato e condannato ad un anno di reclusione,
condanna che in cassazione verrà ridotta
ad alcuni mesi. Rinchiuso nel
carcere di Livorno poi in quello d Lucca viene liberato il 10 novembre.
1891 (4-6
gennaio) Aderisce a Capolago assieme ad altri noti esponenti
dell’anarchismo italiano
(Malatesta, Galleani, Merlino e
Cipriani) al congresso di costituzione del Partito Socialista Anarchico
Rivoluzionario.
1891 Partecipa a Milano, come rappresentante della “Federazione cappellai del lago Maggiore”
al congresso del Partito Operaio Italiano.
1891 Traduce per la biblioteca popolare socialista “il Manifesto del partito comunista”
di K. Marx e F. Engels.
1891 (22
novembre) In una nota riservata del Ministero degli Interni a tutti i
Prefetti del Regno, Gori
viene sottoposto a “speciale
sorveglianza” per il suo carattere “audace” e per il suo “ingegno
svegliato”.
1891-1892 Trasferitosi a Milano, lavora nello studio d Filippo Turati, e fonda un giornale l’“Amico
del popolo” di cui i 27 numeri usciti saranno tutti sequestrati dalle autorità.
1892 (4
aprile) Tiene, nella sede del “Consolato operaio” di Milano, una
conferenza dal
titolo “Socialismo legalitario e
socialismo anarchico” dove chiarisce le posizioni critiche
dell’anarchismo
nei confronti del socialismo
“riformista” giudicandolo autoritario e parlamentarista.
1892 (14
agosto) A Genova in occasione del congresso nazionale delle
organizzazioni operaie e socialista,
difende, assieme ad A. Casati e L.
Galleani, le posizioni intransigenti e rivoluzionarie dell’anarchismo
contro i “professori”
del socialismo riformista che
daranno vita al Partito dei Lavoratori Italiani poi Partito Socialista
Italiano.
1892-1893
Pubblica le sue prime opere poetiche “Alla conquista dell’Avvenire”
e “Prigioni e Battaglie”, tutta la
tiratura, circa 9000 copie andrà esaurita in un breve lasso di tempo.
1893 (maggio) Difende a Viterbo l’anarchico individualista Paolo Schicchi che viene condannato
a 11 anni di galera.
1893 (5 giugno) Ad Ancona tiene una conferenza dal titolo “Obbiezioni all’anarchia”
dichiarando che il vero socialismo non può che corrispondere al comunismo anarchico.
1893 (agosto) Partecipa al congresso socialista di Zurigo e ne viene espulso assieme ad Amilcare Cipriani.
1893 Fonda la rivista “La Lotta Sociale” che fu ben presto costretta a sospendere le pubblicazioni
a causa dei continui sequestri ordinati dalle autorità.
1894 (6 aprile) Di fronte al Tribunale di Chieti difende il compagno Camillo Di Sciullo.
1894 (22 maggio - 8 giugno) A Genova difende Luigi Galleani e altri compagni.
1894 A causa
delle leggi antianarchiche e alle persecuzioni, e ai continui attacchi
succedutisi dopo
l’attentato di Sante Caserio contro
il presidente della repubblica francese Sadi Carnot, di cui Gori viene
accusato
dalla stampa borghese di esserne
l’ispiratore, per sfuggire ad una condanna a cinque anni, è costretto ad
espatriare
clandestinamente.
1895 (gennaio) A Lugano è arrestato e dopo 15 giorni di galera viene accompagnato alla frontiera con
la Germania.
Nell’occasione scriverà la famosa canzone “Addio Lugano Bella”.
Dalla
Germania, passando per il Belgio approda ai più sicuri lidi inglesi
dove incontra i principali esponenti
dell’anarchismo internazionale da
Kropotkin, a Louise Michel, da Carlo Malato a Sebastian Faure oltre
naturalmente al
solito Errico Malatesta.
1895 Emigra
per un viaggio di propaganda negli Stati Uniti d’America, dove in un
anno circa, viaggiando
dalla sponda dell’est a quella
dell’ovest tiene oltre 400 conferenze. Collabora al periodico di
Patterson (New
Jersey) “La Questione Sociale”.
1896 (estate) Ritorna in Inghilterra per partecipare al 2° congresso dell’Internazionale Socialista
(27 luglio 1° agosto) come delegato delle organizzazioni operaie “Trade Unions” americane, dove ancora
una volta si fa portavoce delle istante rivoluzionarie e anarchiche.
Gli anarchici vengono espulsi dal congresso.
Collabora al giornale “The Torch”.
1896 Subito dopo il congresso, Gori è colpito da una grave malattia e viene ricoverato al National
Hospital di Londra, dove è assistito da Loiuse Michel.
1896 Per il
continuo interessamento dei compagni e dei parlamentari Bovio e
Imbriani, il governo gli
concede il permesso di rientrare in
Italia e obbligatoriamente di risiedere all’isola d’Elba.
1896 (4 dicembre) Trasferitosi a Rosignano Marittimo presso la famiglia riprende i contatti con il movimento
anarchico.
1898 In
occasione della inaugurazione del monumento commemorativo delle “cinque
giornate”,
Gori tenne un acclamato discorso che
fu poi assunto come uno dei capi d’accusa durante il processo in
contumacia intentatogli
davanti alla Corte marziale durante i
fatti del ’98.
1898 (5 febbraio) Difende assieme agli avv. Zerboglio e Dello Sbarba gli operai e i contadini di Campiglia
Marittima che avevano partecipato alle agitazioni popolari d’inizio d’anno.
1898 Difende di fronte alla Corte d’Assise di Casale i compagni protagonisti delle rivolte di
Carrara ed ad Ancona i compagni della redazione dell’“Agitazione” fra cui Malatesta.
1898 Collabora
a diversi periodici anarchici fra cui l’«Agitazione» d’Ancona. A causa
delle
agitazioni e delle successive azioni
repressive del governo è costretto ancora una volta ad emigrare.
A Marsiglia si imbarca per il sud America, mentre le
autorità italiane lo condannano a 12 anni di galera.
1898-1901 Nel suo soggiorno sud americano si farà conoscere oltre come agitatore e propagandista anche
per le sue qualità di studioso.
Fonda a Buenos Aires la rivista scientifica “Criminalogia Moderna” che avrà decine di collaboratori
in tutto il mondo.
1902 Rientra in Italia, agevolato da un’amnistia, sia per motivi familiari sia per quelli legati
alla salute.
1903 Su invito di Luigi Fabbri fonda a Roma la rivista quindicinale “Il Pensiero”.
1903 (27 novembre) Muore a Rosignano Marittimo la madre.
1904 Effettua un viaggio in Egitto e in Palestina di cui diede una relazione in una brillante conferenza
tenuta all’Associazione della Stampa in Roma.
1905 Continua a tenere conferenze di propaganda e la sua professione d’avvocato, difendendo molti
compagni in numerosi processi penali.
Partecipa al Congresso sindacalista di Bologna organizzato da O. Dinale tenendo una relazione sul tema dei rapporti
fra sindacato e partiti politici.
1907 Partecipa alle agitazioni che si verificarono all’Isola d’Elba per la morte di tre
operai ed il ferimento di molti altri per lo scoppio di un altoforno.
1909 (14 novembre) A Portoferraio tiene l’ultima conferenza in commemorazione di Francisco Ferrer.
1911
(8 gennaio ore 6,30) Muore a Portoferraio, dove si era rifugiato per
cercare di
trovare sollievo per la sua
malattia, fra le braccia della sorella Bice e quelle dell’operaio
anarchico di Piombino,
Pietro Castiglioli.
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