FANCY 1

Qualcosa per riflettere, pensare, sognare...alzare il "punto di vista"...

martedì 27 febbraio 2024

28 -  IL CASTAGNACCIO

   Il castagnaccio risale alle epoche più lontane: Castagneto ( oggi Carducci - prima Marittimo sotto la provincia di Pisa ) era molto ben fornito di boschi di castagni che, a quanto sembra, nonostante la bassa altitudine delle colline che si affacciano direttamente sul mare, si erano adattati tranquillamente al clima mite e caldo umido della zona. Oggi non ne sono rimasti quasi più ma allora erano una delle poche ricchezze per la sopravvivenza della popolazione: Oltre il legname, la farina di castagne era una risorsa irrinunciabile e nei boschi ancora rimangono i ruderi di vari seccatoi, generalmente adiacenti ai fossi dove, dopo la seccatura, procedevano alla macinazione delle castagne e alla produzione della famosa "farina dolce". 

             Tutti i forni dunque, di cui il centro storico era ben fornito,  durante la stagione invernale sfornavano uno dei dolci più ambiti:

CASTAGNACCIO, il dolce senza zucchero



 

Ingredienti

  • 50 g uva passa
  • 1 cucchiaio vinsanto
  • 250 g farina di castagne
  • 1 pizzico di sale
  • 400 ml acqua
  • 20 g pinoli
  • 50 g noci
  • rametti di rosmarino
  • Olio extravergine di oliva


  • Scaldate il forno a 180°C e mettete l'uvetta in ammollo in una ciotolina con un po’ di acqua tiepida e un cucchiaio di vinsanto.
  • Setacciate la farina di castagne in una ciotola ampia e aggiungete un pizzico di sale.
  • Versate poi l’acqua poca per volta, mescolando continuamente in modo che non si formino grumi. Unite l’uvetta strizzata e metà dei pinoli e delle noci. Mescolate ancora per distribuire bene gli ingredienti.
  • Ungete con abbondante olio extravergine di oliva una teglia rotonda di 25/30 cm di diametro e riempitela con l’impasto del castagnaccio.
  • Cospargete la superficie con i rimanenti pinoli, noci, e aghi di rosmarino. Finite con un filo d’olio e infornate in forno caldo.
  • Cuocete per circa 25-30 minuti, finché il castagnaccio non sarà asciutto in superficie, con una trama di rughe sottili, ma ancora morbido al suo interno. Si può mangiare tiepido o freddo.
                  Un buon vino dolce sarà l'accompagnamento ideale; vi consiglio un Aleatico dell'Elba o un vinsanto di Pantelleria ( benché a Bolgheri abbiamo anche un aleatico Antinori che...)  
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lunedì 26 febbraio 2024

TEMPO DA CINGHIALE - Le ricette di cucina della tradizione castagnetana

10)

  CINGHIALE IN SALMI'      

          Ingredienti per 4 persone:
1 Kg. di carne di cinghiale con osso;
1 Salsiccia toscana;
100 g. di olive nere da cucina,conservate sotto sale e limone;
1 bicchiere di vino rosso;
2 cucchiai di concentrato di pomodoro;
Rosmarino e aglio q.b.;
2 chiodi di garofano;
Sale e peperoncino piccante q.b..
                                                        Preparare in un capace tegame, il solito sfritto in un filo d'olio, con una grossa cipolla rossa, due carote e una costola di sedano, oltre ad almeno tre ramoscelli di rosmarino e almeno tre spicchi d'aglio,  finemente tritati ( aggiungere l'aglio solo da ultimo per non farlo annerire ).

                                                       Tagliare la carne in pezzetti più piccoli di un normale spezzatino, sminuzzare la salsiccia e aggiungere il tutto alla preparazione suddetta, aggiustando di sale e peperoncino a seconda dei gusti, con l'avvertenza di completare con la giusta quantità di olio che in questo caso dovrà essere abbondante (circa 25 cc.).
                Cuocere per mezz'ora circa e poi sfumare col vino rosso e lasciare evaporare. A questo punto mettere il concentrato di pomodoro preventivamente sciolto in mezzo litro d'acqua.
                Altre due ore di cottura a fuoco lento.
                Negli ultimi quindici minuti avrete aggiunto le olive che nel frattempo avrete sbollentate e leggermente dissalate.
-------------------------------- Questa è antica cucina castagnetana, da gustare nei mesi invernali, in tutta calma, perché ogni boccone vuole una "meditazione" . Meglio se accompagnata da un omonimo "nero" barricato di Bolgheri.--------------------------------------------------------------------------------
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Vedi TUTTE LE ALTRE RICETTE                                 

mercoledì 22 novembre 2023

EPILOGO

 Dopo avere finalmente messo nero su bianco la storia di mio padre in relazione al periodo trascorso sul fronte russo, poi sul fronte siciliano e quindi la lunga prigionia in Inghilterra, cosa che avrei preferito realizzare mentre era ancora in vita, sopratutto per la sua personale soddisfazione, (ma le avversità della vita allora ce lo impedirono ) dopo aver concluso questo mio lavoro in suo onore e incancellabile ricordo, voglio anche aggiungere le mie personali considerazioni sui fatti, i contesti sociali e politici che portarono allora a quegli avvenimenti e determinarono poi le circostanze che nel bene e nel male oggi viviamo come conseguenze. 

             


   Conseguenze di scelte che la storia sempre ci impone e che troppo facilmente vengono dimenticate; sembra anzi ai più, che la storia recente non abbia nemmeno bisogno di essere ricordata proprio per il fatto che essendoci ancora vicina, la sua conoscenza si può dare per scontata; cosicché a scuola si studia l’Egitto dei faraoni, l’antica Roma, le infinite battaglie del medioevo e del risorgimento mentre l’ultima guerra mondiale arriva sempre “fuori termine” del percorso di studio ; i giovani a scuola non l’hanno letta, in famiglia è passato il principio che “ ai figli deve essere evitata la sofferenza dei padri “  ed oggi abbiamo generazioni che non solo ignorano completamente ciò che hanno vissuto i nonni ma, quel che è più grave, non hanno nemmeno sviluppato valori come il pacifismo e la tolleranza, ( per non parlare di empatia ) indispensabili alla democrazia e alla convivenza civile ( che non a caso i padri fondatori inserirono nella nostra Costituzione ) non avendo così la più pallida idea di cosa sia la guerra, le atrocità, le sofferenze e l’abbrutimento disumano che essa provoca.

           E’ già ancor prima del 1945 che gli USA iniziano ad importare la maggior parte dell'intellighenzia tedesca  - Einstein  arriva già nel 1932 ( si parla di circa 1500 scienziati ) ma alla fine del conflitto si aggiungono quelli che ( in gran parte criminali nazisti ) hanno visto bene il momento giusto per vendersi ( con le loro riconosciute conoscenze scientifiche ) al miglior offerente : sono gli stessi che hanno partecipato al circo degli orrori che ormai ben conosciamo.
            Una strategia che effettivamente produsse grandi risultati agli effetti militari; non altrettanto può dirsi certamente sul piano etico e morale. Molti saranno sulla lista dei ricercati dal tribunale di Norimberga per crimini contro l’umanità ma ciò passa in secondo piano di fronte alle necessità militari del momento, per lo sviluppo delle armi risolutive per la vittoria della guerra e il governo statunitense spalanca le porte alla loro accoglienza avendo capito che è una  occasione unica per recuperare e superare allo stesso tempo anche quel gap di conoscenza scientifica che li avrebbe condannati ad una posizione di subalternità nei confronti dell’europa e della stessa Russia.

IL BOMBARDIERE E IL SUO EQUIPAGGIO

 Operazione Paperclip  Lo scopo di quest’operazione post-bellica del novembre 1945 era quello di accaparrarsi il maggior numero possibile di scienziati  nazisti sottraendoli opportunamente ai russi, in ottica prettamente anti- comunista e, parallelemente, allo scopo di rilanciare l’America come superpotenza. Iniziando la guerra fredda, ogni elemento che poteva risultare utile contro un nemico comunista andava usato senza esitazione; non solo i nazisti cominciarono ad essere giudicati pedine importanti in ottica anticomunista, ma andavano attuate tutte le misure necessarie per evitare uno spostamento di interesse verso l’URSS.

HIROSHIMA

                Basti pensare a personaggi del livello di Von Braun, realizzatore, già in Germania, della famosa V2 e poi protagonista in America della corsa alla conquista dello spazio.
  Ora non voglio certo dire che la vittoria della guerra da parte degli alleati, per ironia della sorte sia dovuta proprio ai tedeschi; ma bisogna riconoscere che  molto importante fu il loro contributo anche nella realizzazione della bomba H con il gruppo di Fermi, così come più in generale fu altrettanto fondamentale il contributo allo sviluppo della ricerca scientifica ( sempre finalizzata all’utilizzo militare) portando gli USA all’attuale posizione di massima potenza militare globale, dato che da allora ebbero carta bianca alla sperimentazione in ogni campo, dalle armi chimiche a quelle batteriologiche, dal controllo degli eventi meteorologici fino al controllo della mente umana  e non oso pensare a quali metodi potessero ricorrere: molto infatti ( di inconfessabile ) sta venendo fuori oggi anche dai documenti ufficiali che il governo americano ha dovuto desecretare recentemente da cui emergono sperimentazioni effettuate anche  sulla popolazione civile usata come cavia - ( non ricorda qualcosa di molto recente avvenuto anche da noi ? ). 


               D’altra parte fino al 1969 la guerra del Vietnam aveva offerto la possibilità di testare ogni tipo di arma su quella disgraziata popolazione, ma dopo il ritiro, obbligato dal crescente dissenso del pacifismo interno,  si pose la necessità di avere sempre nuovi fronti aperti, al fine di soddisfare il bisogno di realizzare sempre più potenti strumenti bellici e ovviamente, anche di soddisfare la sempre crescente voracità delle lobbies delle armi che sui conflitti hanno prosperato e continuano a prosperare fino ad oggi.  
              A loro però dobbiamo la liberazione dall’aberrazione nazifascista così come il fortissimo contributo economico alla ricostruzione; ma il debito fu abbondantemente ripagato e lo stiamo ripagando tutt’oggi: la militarizzazione americana del nostro territorio con la creazione di basi in ogni dove fu il primo passo; ma l’ingerenza politica da parte dei servizi segreti nei nostri affari interni fu sempre costante e tuttora vengono fuori sempre nuove e inconfessabili connessioni.
               Certo se ci pensiamo, è un enorme salto realizzato in poco più di un secolo: - Da una popolazione di pistoleros avventurieri alla conquista dell’oro e di nuove terre avvenuta al di fuori della legge nelle terre di “nessuno” ( proprio nessuno non direi in quanto tutti sappiamo bene di chi erano quelle terre e la fine che è toccata a quelle popolazioni ) a padroni assoluti di mezzo continente: “A big step for mankind “ dissero poi quando misero piede sulla Luna, ma ne siete proprio sicuri? Io nutro molti dubbi e non solo su certe frasi ad effetto.
     Noi che oggi siamo il frutto di quella cultura, noi come del resto l’intera europa, abdicammo la sovranità del territorio e l’indipendenza politica ( anche se non ufficialmente ) in favore di una società del tutto aliena rispetto ai nostri valori di umanità, conquistati dal Risorgimento e fino alla data delle due grandi guerre; certo lo facemmo perché obbligati, ottenendone grandi benefici, ma lo facemmo per l’eternità anche per i figli dei nostri figli, senza che essi potessero mai più avere il diritto di rimettere in discussione quelle scelte ?   Niente è eterno e forse è arrivato il momento di riappropriarci di ciò che svendemmo in un momento di necessità poiché ora sappiamo che quei valori come il territorio, l’autonomia politica e militare, l’uso della propria moneta, la piena autonomia commerciale e finanziaria e tutto ciò che oggi sta venendo meno, non possono essere venduti ( il più toccante monito su questi temi ci viene
proprio dal capo indiano "Capriolo Zoppo" nella lettera scritta al presidente USA, lettera che ho fedelmente riportato alla pagina GLI ULTIMI NATIVI ). 

              Una società che nasce sulla violenza e come l’epopea del West ( homo homini lupus - T.Hobbes ) si sviluppa sulla prevaricazione di tutti i diritti umani nell’assenza di rispetto verso l’uomo, l’ambiente e la natura, dovunque essa metta radici, è fatalmente destinata a crollare miseramente: oggi ne intravedo le prime profonde, preoccupanti crepe.     
 Leggi la storia dall'inizio               
      Ad maiora semper.                       
Dedicato ai miei figli Alessandro e Valerio
      1/7/2023    L.Fancelli                                                                                                                                                                                                                                                            

                                                           


domenica 5 novembre 2023

LA LIBECCIATA DEL 1818

 

NAUFRAGIO AL SEGGIO

           Avvenuto la notte del 3 Febbraio 1818 davanti la foce del torrente Seggio, nel territorio di Castagneto Carducci, sembra non aver lasciato alcuna traccia nella memoria dei castagnetani mentre tutti i particolari sono tutt'oggi reperibili negli archivi storici. Particolari che ritengo estremamente interessanti per la cronaca diretta fornita dalle numerose relazioni estese dai soldati di stanza alla Torre di Castagneto ( oggi conosciuta come il Forte ) in base a procedimento giudiziario istruito nei loro confronti in quanto rei di colpe considerate gravissime per aver contravvenuto alle norme sanitarie allora vigenti: norme che ci illuminano sul terrore di contagio che potesse venire dal mare; contagio che riguardava prima di tutto la malaria ma anche tutte le altre "pestilenze" conosciute ( peste, colera, vaiolo ecc..).

                Come detto la notte del 3 Febbraio 1818 un brigantino a due alberi, per una fortissima tempesta di libeccio, si fracassa violentemente poco distante dalla riva; bilancio: la perdita dell'intero equipaggio e la distruzione della nave. Fin quì niente di eclatante se non la drammaticità dell'episodio; sono i fatti avvenuti immediatamente dopo che destano un particolare interesse. I militari addetti alla salvaguardia sanitaria del territorio si appropriano indebitamente dei materiali che il mare ha gettato sulla spiaggia trasgredendo così a tutti i regolamenti sanitari vigenti.  Di fatto la salvaguardia sanitaria si collocava al primo posto ( assieme all'impegno della difesa dalle incursioni corsare ), tra le priorità delle autorità del tempo.  Non era passato molto tempo da quando nella città di Livorno si era manifestata un'epidemia di febbre gialla (1804): ciò rende più comprensibile la particolare attenzione che  viene posta all'osservanza di tutte quelle che erano ritenute le necessarie norme di prevenzione, sopratutto per il traffico marittimo.    All'epoca infatti, si riteneva che quest'ultimo costituisse uno dei principali veicoli per la trasmissione di un eventuale contagio e del susseguente sviluppo epidemico. In questa occasione ancor più visto che era ignota la provenienza del bastimento. I materiali recuperati fecero supporre che il brigantino provenisse dai Balcani, un'area ad alto rischio epidemico.   Contemporaneamente però veniva sottovalutato il problema del basso livello igienico mantenuto dalla popolazione urbana locale - vale per tutti l'esempio di Rosignano dove - ancora nel 1824 - esistono seri problemi igienici derivanti dal fatto che persiste l'usanza di lasciare circolare il bestiame libero per il centro abitato. Se a questo si aggiunge l'usanza di gettare qualsiasi immondezza, nonché i liquami umani nelle pubbliche vie e piazze, il quadro igienico sanitario si fa completo.      Se di fatto il traffico marittimo costituiva una delle principali preoccupazioni sanitarie, lo era ancor di più il movimento marittimo a carattere di "clandestinità". Nottetempo, sempre più spesso, barche approdavano di nascosto nei numerosi anfratti per praticare il contrabbando o eludere i posti di controllo perché privi dei documenti attestanti l'idoneità sanitaria. Il problema era veramente emergente. Il Granduca Pietro Leopoldo, appena salito al trono toscano, si mise immediatamente a riorganizzare l'intero assetto degli organismi amministrativi e delle magistrature sanitarie fino a raggiungere un alto livello di efficienza, tra i migliori riscontrabili nel Mediterraneo.

              Si capisce pertanto quale livello di gravità sia stato raggiunto dai militari resisi colpevoli di "prevaricazione in servizio di Sanità".    I documenti rinvenuti nell'Archivio di Stato di Livorno ci forniscono una vivace e  drammatica cronistoria delle fasi del naufragio. Sembra inoltre emergere da essi una chiara volontà di non intervenire per tentare un salvataggio lasciando la nave e l'equipaggio al loro destino ormai scritto, al fine di salvaguardare la salute delle popolazioni locali: scelta  discutibile ma comprensibile perché ancora una volta si viene a testimoniare il panico, il terrore per le epidemie che si stava vivendo nel periodo storico esaminato.

IL BASTIMENTO

              Quello coinvolto nella storia quì narrata era un brigantino a due alberi con coffa; ed era dotato di un limitato armamento ( come dimostra il ritrovamento di soli due affusti di cannone ) per tentare di difendersi dagli eventuali attacchi dei pirati ancora presenti nel Mediterraneo.  Le dimensioni piuttosto ridotte, visto l'esiguo numero degli uomini di equipaggio. Inoltre per il fatto che questi, ad un certo momento, avesse spiegato il trinchettino ci fa supporre che potesse essere del tipo brigantino-goletta. Comunque sia, come vedremo, la nave non potè far nulla per opporsi alla violenza dei marosi ai quali dovette poi soccombere.

IL NAUFRAGIO

              3/2/1818, Martedì, ultimo giorno di carnevale, il mare è agitato da un forte vento di libeccio. Al primo mattino " un brigantino incognito a due alberi con carico di grano, verosimilmente procedente da levante ottomano " naufraga a circa 175 metri dalla riva, in prossimità della foce del torrente Seggio, nella comunità di Castagneto ( oggi Castagneto Carducci ).  A bordo dovevano esserci complessivamente sei individui: tanti furono i cadaveri recuperati sulla spiaggia. Un ultimo tentativo effettuato dall'equipaggio per salvare il bastimento fu quello di puntare la prua della nave verso terra, nella speranza che la stessa si arenasse sui fondali sabbiosi; passata la burrasca si sarebbe poi provveduto in qualche modo a disincagliare lo scafo, ma lo sforzo dei marinai fallì miseramente.  L'urto contro il banco di sabbia fu particolarmente violento. In un primo momento la manovra parve riuscita; la nave effettivamente si arenò a poche decine di metri dalla riva...  " il brigantino era investito sulla rena che formava una specie di scogliera distante circa 300 braccia da terra... ( deposizione del Sotto-tenente Pierazzuoli )".  Ma nella notte tra il 3 e il 4 Febbraio delle grida strazianti e uno schiantare di legname annunciarono la fine del vascello.  Ecco alcune delle testimonianze di coloro che furono in vario modo presenti alla tragedia.

Testimonianza del Tenente Marco Aubert:  

      "Alle 7 del mattino del giorno 3 Febbraio vi era un forte vento con mare burrascoso, dalla parte di levante apparve un brigantino a due alberi, con gabbia, diretto verso ponente senza avere alzato le vele...giunto nei paraggi del Seggio...osservai che quel bastimento voltò la prua verso la spiaggia, spiegando il trinchettino e venne a gettarsi sulla terra incagliandosi, un colpo di fucile distante precisamente dall'imboccatura del Seggio. Non appena incagliato si vidde, in un sol momento, staccarsi dal bastimento tre imbarcazioni nude; molti oggetti e con quanto i parapetti del ponte, che comparve ad un tratto netto e pulito di ogni materia ad eccezione degli alberi. Si vidde ancora che alcuni individui erano ascesi sulle gabbie e si erano ivi situati come in ricovero, e per difendersi da quel terribile fine da cui erano minacciati...Tutto il rimanente del giorno passò  senza che il bastimento ( facesse ) alcun movimento.  Alle ore 4 della notte del tre, veniente il 4, fu inteso dal bastimento molte voci e grida di dolore, che vennero seguite da un forte strepito di rottura di legnami a cui nuovamente succedette un perfetto silenzio...Comparso il giorno seguente,4, si vidde che il bastimento più non esisteva, che porzione di piano del medesimo era giunto a terra, che un ammasso di legnami si vedeva galleggiare sull'acqua nel luogo medesimo ove prima esisteva intiero e che tutta la spiaggia era ricoperta di oggetti di ogni specie. " 

I primi interventi e i recuperi

        Il giorno stesso dell'avvistamento della nave in difficoltà, la macchina sanitaria faticosamente si mise in moto. I militari addetti si limitarono a controllarne i movimenti da terra, per la paura, affatto remota, che un contatto con essa potesse essere trasmissione di eventuali contagi. Contemporaneamente si provvedeva alla formazione di un cordone sanitario.Esso era composto oltre che dalle forze presenti alla Torre di Castagneto, anche dai cannonieri guardacosta di stanza alle torri di Vada, Cecina, e al forte di Bibbona. Nello stesso momento un drappello di dodici cavalleggeri pattugliarono costantemente, sia di giorno che di notte, il territorio in prossimità della foce del torrente Seggio.  Il ridotto militare era posto agli ordini del Sotto-tenente Pierazzuoli, comandante del forte di Castagneto. Le truppe appiedate, organizzate in cinque picchetti di tre soldati, posti sotto il comando di un sergente o di un caporale, controllavano che nessuno si appropriasse dei materiali provenienti dal naufragio e che il mare continuava a rigettare sulla spiaggia.

Dall'Archivio di Stato  gli originali verbali del processo





Inquadramento storico -

                 E' sotto il governo degli Asburgo-Lorena  ( Pietro Leopoldo ) succeduti ai Medici che si compie " la grande opera " di messa in sicurezza della costa. Un enorme  investimento finanziario allo scopo di valorizzare territori in quel momento paludosi, inutilizzabili e malsani; un enorme impegno dovuto alla lungimiranza di quel Granduca che già all'epoca aveva sviluppato la visione di quelle che oggi chiamiamo "le grandi opere " come interventi che a lungo termine daranno grande beneficio all'intero stato e in effetti, ancora oggi ne godiamo i benefici. In prima fase la canalizzazione delle acque, seguita poi dalla costruzione delle torri di presidio militare, in una lunga serie che andava da Livorno fino al Principato di Piombino, ospitanti ognuna la sua guarnigione militare munita di cannoni ed armi leggere, realizzate proprio sulla spiaggia a distanza di vista l'una dall'altra. Unica mancanza rimase il tratto Cecina - San Vincenzo dove probabilmente l'insalubrità dei terreni non permise il completamento fino al 1785 con la costruzione dei forti di Castagneto e Bibbona. La  "via dei cavalleggeri "  certamente non corrispondente a quella che oggi è così denominata a Castagneto,  passava direttamente a filo dei primi "macchioni" di ginepro a vista mare poiché era proprio il compito dei cavalleggeri quello di controllare a vista le rive percorrendo su e giù la costa continuamente da un forte all'altro. Questa ostilità verso il mare ci fa capire anche il perché nella cucina castagnetana manca quasi totalmente ( almeno fino a tutti gli anni '60 ) la cultura culinaria del pesce -  Ti invito quindi a vedere le migliori ricette della  Tradizione culinaria di Castagneto Carducci

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          Una cassa di dobloni d'oro? 

 Come nelle migliori tradizioni delle avventure di pirateria non mi direte che non avete pensato al classico forziere pieno di monete d'oro, anche se proprio a Castagneto sembrerebbe una cosa quantomai improbabile. Ebbene leggete quanto segue, riportato fedelmente dagli archivi di stato di Livorno:


-----------  " Per sfogo di diversi rapporti che mi sono stati diretti dal Castellano di Vada e prevenire quelli che potessero giungere all'E.V., mi credo in dovere di disturbarla colla narrazione di un fatto che sembrava di essere di qualche importanza per l'Amministrazione Sanitaria....: - Un certo Ciangherotti, assai e attivo soggetto, Cannoniere di questa mia Compagnia, nella circostanza di ritrovarsi in casamatta a Vada per ordini del Si.Magg.Comandante, confidò, giorni sono fatto (con) la massima segretezza ad un suo compagno che essendo di servizio distaccato al Forte di Castagneto, nell'occasione dell'ultimo naufragio ivi accaduto, aveva trovato una cassa nella quale aveva potuto distinguere dalle fessure della medesima, dei pacchetti di monete.   Ma in quel momento, per timore di essere osservato da qualcuno dei suoi camerati, in quello stesso luogo in cui l'aveva trovata, l'aveva sotterrata sotto la sabbia, facendo dei segni a qualcuno dei macchioni colà vicini, per potere quindi rintracciarla. Soggiunse che essendo stato costretto di partire all'improvviso non gli era stato possibile di portarsi seco il tesoro da lui trovato.  Ha dunque stabilito questo Ciangherotti, d'accordo con suo confidente, di fuggire di notte dalla casamatta per mezzo di una falsa chiave che ho saputo esistere effettivamente nelle mani di un altro cannoniere di quell'istessa guarnigione; e quindi di portarsi al forte e sulla spiaggia di Castagneto per rintracciare e portare via il tesoro.      La pioggia che cadde dirottamente tutta la notte pose ostacolo all'esecuzione di lui progetto, ma uno dei confidenti del Ciangherotti raccontò in segretezza il fatto al Sergente Massola; questi sempre in segretezza lo partecipò al Castellano il quale sotto l'istesso sigillo me ne fece il rapporto.....Obbligai quindi i suoi compagni a secondare le mie vedute e coll'aiuto di vari bicchieri di vino fu rinnovato il progetto di andare a Castagneto.   Tosto io fui informato di quanto era stabilito ( e ) spedii al forte suddetto il Tenente Verzani il quale partì immediatamente e dispose quindi delle sentinelle nascoste in quell'istessa notte nei macchioni vicini per potere esattamente osservare il Ciangherotti e i di lui compagni nell'atto che il tesoro fosse stato da loro levato di sottoterra. Avendo però subudorato qualcosa il Ciangherotti al momento di partire si separò con dei pretesti dai due compagni e non si fece più trovare.  Alla mattina dopo, avendolo io fatto chiamare davanti a me seppi che non si era più in grado di avere di lui notizia alcuna.....( 11 Marzo )...........   né successivamente si ebbe più notizia alcuna......   

Il forte di Castagneto in una cartolina degli inizi del 1900  ( Studio Breschi )

             Ora sicuramente questi fatti hanno più del film di avventure che altro, senonché i documenti originali sono ancora consultabili a Livorno (Archivio di Stato e Biblioteca Labronica ): la zona in questione dovrebbe essere con tutta probabilità a Nord della foce del Seggio perché le forti mareggiate tendono sempre a spingere a Nord e non a Sud;  con un buon cercametalli e un po' di fortuna bisognerebbe andare proprio nel parco dove c'é la villa "Le Sabine", ma la proprietà è sorvegliata e impenetrabile.- La proprietà è del Marchese Antinori - hai visto mai che ancora valga il detto " i soldi tornano sempre ai soldi" ? -----------------------------------------------------------------------------------------------------------
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LA COSTA AI TEMPI DEL GRANDUCATO                 

              Con la descrizione dei vari forti difensivi è molto interessante anche la ricostruzione ambientale lasciata dal georgofilo Lapo de' Ricci nel suo " Viaggio agrario per la Via Aurelia da Livorno a Roma ". Nel descrivere la zona di Cecina rileva che: ..."vasti piani danno un'idea dell'abbandono in cui si trova la coltura maremmana; bestiami vaganti di ogni specie abbandonati a loro medesimi, scorrono dal poggio al piano, dal bosco al seminativo distruggendo sovente i teneri getti delle piante nei boschi come le messi nei campi; bestiami vaganti senza direzione e senza guida e però magri e stentati, offrono miserabile spettacolo al viaggiatore atterrito per quella solitudine, che non trova abitazioni o ricoveri di animali... tutto è squallore e abbandono...".                    Ma quando entra nella tenuta di Bolgheri, di proprietà dei conti Della Gherardesca, gli si presenta una situazione assai diversa, che così descrive:  " Un viale diritto indica che si va per quello in un luogo abitato non solo, ma signorile ancora. Un vasto fabbricato che serve ad uso di granaio e di magazzino di custodia per le grasce e unite al quale ampie stalle capaci di contenere cinque o seicento pecore, i bestiami vaccini e anche le bufale......entrati nel lungo stradone che da San Guido conduce a Bolgheri noi percorremmo circa tre miglia. Da primo terreni seminativi coltivati, entrando in mezzo ai quali si trovano delle capanne per il bestiame assai da lodarsi per la buona intelligenza di costruirle, come l'accuratezza nel mantenerle.  Non possiamo astenerci da rilevare i buoni effetti della filantropia del conte Della Gherardesca... E' bello vedere la situazione agiata nella quale ha posto i contadini mezzaioli della tenuta, giacché essendo entrati nelle case loro gli abbiamo trovati cibarsi di pane bianco, provvisti di carni salate come di ottimo vino ed abbiamo osservate le loro case bene e decentemente corredate di mobili e di biancheria quanto nelle provincie più ricche di Toscana ".  Pero', anche in questi luoghi sulla costa, nei pressi dell'area del naufragio, deve rilevare una situazione di danno ambientale:                                               Prima di lasciare le fabbriche di San Guido volgemmo l'occhio alla spiaggia del mare coperta in molti punti di bosco e che in uno spazio di circa braccia 400 presentava soltanto la vista di tomboli d'arena spogliati di piante e che in quel punto impediscono il libero scolo alle acque.Dimandammo il perché e ci fu detto che un taglio improvvido di macchia fatto sulla riva del mare aveva prodotto quel tombolo e ad onta di tutte le precauzioni non era mai riuscito di potervi allignare di nuovo il bosco impedito dall'imperversare del vento.Ed infatti tutti gli alberi, anche lontani due miglia dal mare hanno i loro rami sporgenti verso terra, per la forza e l'impeto di quello 

§§§§§§§§§§§§ L. FANCELLI