Siccome poi, come sappiamo oggi, lo sbarco fu reso possibile dall'aiuto di noti mafiosi, che non tardarono a diventare i nuovi padroni dell'isola, non stupisce che dietro alle immagini di festa, con lanci di cioccolata e sigarette da parte dei soldati americani, il nostro D-Day nasconda un inquietante lato oscuro.
Americani sotto processo. ( sempre da FOCUS ) A denunciare le violenze statunitensi (assai meno numerose di quelle nazifascite) furono gli stessi americani. In particolare il cappellano William King, chiamato il 14 luglio ad Acate da alcuni soldati che gli confidarono di provare vergogna per quello che stava succedendo e che gli mostrarono anche i corpi delle vittime di Compton e West. Nonostante i tentativi di Patton di insabbiare tutto, le voci di queste stragi cominciarono a diffondersi.
«Dalle indagini storiche, dalle inchieste giornalistiche, dai processi della corte marziale americana e da numerose testimonianze emergeranno chiaramente le responsabilità di Compton, West e McCaffrey», racconta Carloni: «l'unico a essere condannato fu però West: si beccò un ergastolo, ma fu poi graziato. Dalle inchieste emerse inoltre che alcuni soldati americani si erano lasciati andare a stupri e saccheggi.»
La mafia raggiunge le leve del potere. A lungo relegate nell'oblio dall'euforia della liberazione dalla dittatura, ben presto iniziarono anche le operazioni per ripagare la mafia per i suoi servigi. Gli americani, in cerca di uomini da sostituire alle autorità fasciste, assegnarono cariche a più di un personaggio "al di sotto di ogni sospetto". Per esempio a don Calogero Vizzini, nominato sindaco di Villalba, o a Vito Genovese, pregiudicato promosso interprete ufficiale dell'Amministrazione alleata nella Sicilia occupata.
«A beneficiare della generosità Usa fu anche Giuseppe Genco Russo, boss che dopo aver avuto un ruolo di primo piano nel coordinamento delle fasi post sbarco fu messo a capo della cittadina di Mussomeli».
«Poi fu la volta di Nicola "Nick" Gentile, a cui fu affidata la gestione del territorio di Agrigento, e di Vincenzo Di Carlo, nominato responsabile dell'Ufficio per la requisizione dei cereali. Gli Alleati fecero cioè un pericoloso passo verso la legittimazione della mafia, che dopo l'Operazione Husky intraprese la sua decisiva escalation.»”
Catturati in grandi quantità sui fronti africani tra 1941 e 1943, e trasferiti nella madrepatria britannica perché ritenuti, a differenza dei tedeschi, non pericolosi per quanto riguardava la sicurezza interna, innocui da un punto di vista politico, incapaci da un punto di vista militare, ma adeguati a rimpiazzare la manodopera autoctona nelle tenute agricole britanniche, gli italiani vissero in Gran Bretagna una cattività che, da un punto vista strettamente materiale, può essere considerata «buona». Furono ben nutriti, ben alloggiati, curati; svolsero un lavoro retribuito e sicuro, ebbero la possibilità di istruirsi e di svagarsi. Ciononostante la prigionia – condizione perdurante che non venne modificata, per volontà dei detentori, neanche dall’armistizio del settembre 1943, dalla successiva cobelligeranza, dalla cooperazione e addirittura dalla fine della guerra – fu devastante da un punto di vista psicologico: disprezzati dalla popolazione – che spesso e volentieri li irrideva chiamandoli «wops», guappi, terroni – e dalle autorità detentrici, utilizzati come manodopera a basso costo a completa discrezione del governo britannico, dimenticati dalle autorità italiane post fasciste, quando non usati come «merce di scambio» per la cobelligeranza o per un trattato di pace meno duro, i soldati furono trattenuti in prigionia fino al 1946 inoltrato, quando cominciarono a rientrare in patria, e si trasformarono in una massa di reduci sconfitti, di cui l’Italia affannata del dopoguerra avrebbe volentieri fatto a meno.
AMMASSATI SULLA QUEEN MARY
Ho tralasciato di dire qualcosa di indubbiamente importante in questa storia: mio padre era nato nel 1921 e quindi quanto aveva nell'inverno del 1942 mentre si trovava nelle trincee dul Don? A volte mi sembra di parlare di cose del tutto irreali perché non so voi, ma io, alla luce dei miei ormai superati settanta, a quell'età non avrei resistito tre giorni, questo è poco ma sicuro. ...