LA PRIMA COSA CHE VIDE aprendo gli occhi fu la foresta, una muraglia verde che gli parve viva e fluttuante, un po' per virtù propria, un po' per il tumultuoso ondeggiare del nido. Infatti se la base del monumentale leccio aveva da tempo raggiunto la statica monumentalità del grande patriarca, quaranta metri più in alto, dove il nido troneggiava come un cono rovesciato nella biforcazione degli ultimi rami, il vento si faceva sentire.
Prime settimane di vita |
Il pulcino incrociò lo sguardo intenso della madre e si accucciò, rincuorato da quella grande mole che lo sommergeva protettiva, mentre si accovacciava su di lui per ripararlo dal maestrale.
E' iniziata così la storia dell'aquilotto nato sul grande albero. Un comportamento noto per questa specie, ma finora mai documentato fotograficamente nel nostro paese dove questi grandi rapaci preferiscono nidificare su strapiombi e pareti rocciose. E' successo nel cuore della Sardegna, in un lembo della foresta scampato a suo tempo, chissà come, allo scempio della scure e del fuoco, in una valle dove il Gennargentu è più antico; e la giovane aquila si è lanciata nel vento per il suo primo volo e il suo sguardo acuto ha frugato per la prima volta quel mondo sottostante di pietre e di alberi, di animali e di uomini destinato a divenire il suo regno.
Il sorgere del sole riversa sul nido una calda luce rosata. Una nuova giornata il cui tempo sarà scandito dalle voci della foresta: fruscii, tonfi, grida di astore, poi improvvisi silenzi, martellare di picchio e melodie di fringuello e su tutto i gridi d'allarme, lo schiamazzare isterico e il continuo chiacchierio delle ghiandaie, invadenti e impertinenti, insostituibili animatrici della severa solennità di quel mondo.
Il pulcino bianco e paffuto, è impaziente. Si solleva sulle lunghe zampe e accenna qualche rapido passo intorno alla madre che comodamente distesa, si gode il tepore del sole. Per le prime due settimane abbandona solo per rari momenti il pulcino. Il padre caccia per tutti e viene spesso in visita, E' molto bello, di forme armoniosamente potenti, del tutto scuro salvo l'ambra dorata della nuca e delle spalle. Ogni volta arriva con qualche offerta. Eccolo portare una fronda di corbezzolo, lunga quanto la sua altezza, così deve stare ancora più eretto per porgerla con la dovuta solennità. Una scena di effetto straordinario nella sua teatralità naturale. Ci penserà in seguito la femmina a trovare la giusta collocazione del dono, incastonandolo con consumata perizia tra le ramaglie marginali della piattaforma.
Il maschio arriva portando l'omaggio di una fronda |
Ora l'aquilotto dorme, comodamente sdraiato; la madre si avvicina e lo guarda, reclinando appena il capo. Lo accarezza delicatamente con il becco. Poi prende a dargli colpetti su una zampa. Il pulcino si stiracchia ma non apre gli occhi. Lei insiste, allora si sveglia e si siede sulle zampe.Ha capito. La madre afferra un lungo biacco lungo e scuro. Imbecca con calma, sminuzzando la polpa del serpente in piccoli brandelli, finché il pulcino sazio, non ha il gozzo gonfio. Allora mangia quanto è rimasto della serpe.
Il pulcino è cresciuto. Lo scuro abito giovanile ha quasi completamente sostituito il primo piumino del quale rimane solo qualche ciuffo residuo tra le penne nere. Su capo però ha solo un parziale cappuccio rossastro che incornicia la fronte rugosa e gli conferisce un aspetto truce, ancora più marcato quando fissa imbronciato qualcosa. Sul nido ci sono abbondanti resti di un cinghialetto e il quarto posteriore di una lepre. Entrambi i genitori ora cacciano, dilaniano e portano al nido. Ma da un po' di tempo non lo imbeccano più e lui ha dovuto imparare a spolpare la preda tenuta stretta negli artigli.
Il maschio sorveglia il territorio dall'alto di un leccio secolare. |
Adesso le aquile hanno di nuovo il tempo di stare insieme; volando in coppia salgono nel cielo in ampie spirali, sostano per aria ad ali tese, immobili nel vento, disegnando traiettorie ondulate tuffandosi e risalendo nel rito del volo nuziale. L'aquilotto vede e saluta a gran voce con partecipe eccitazione.
Il gatto selvatico è immobile, schiacciato al suolo, praticamente invisibile. Gli occhi incollati sulla preda, un incauto topo quercino che fruga nel terriccio. Un balzo, facile cattura, il serpeggiare della coda anellata che scarica la tensione. Stringe tra i denti il quercino che ancora si dimena e si accinge ad attraversare la radura. Un colpo che stordisce, un lancinante dolore alla schiena...Si volta rabbioso ma una seconda presa implacabile gli stringe le spalle e la nuca. Così la notte di caccia termina brutalmente con il predatore predato. Al nido poi l'aquilotto sembra impazzito. Sbraita, si agita, strappa il gatto alla madre e lo copre con le ali nell'atteggiamento istintivo di difesa della preda. La madre sconcertata se ne va e l'aquilotto si sfoga. Mima attacchi, strattona il gatto, ne divora il ventrame. Preso dalla frenesia non vede la madre tornare, ma quando ne avverte la presenza la metamorfosi è istantanea. Si atteggia a pulcino e reclama il pasto; e lei incredibilmente, lo imbecca! Più tardi, rimpinzato da stare male, l'aquilotto si abbandona sul nido per riposare in un davvero singolare faccia a faccia con il gatto.
Adesso il pulcino è un'aquila compiuta. Nel lucido piumaggio scuro si aprono chiazze chiare sopra e sotto le ali e la coda. Un cappuccio rossastro di piume lo copre fino alle spalle. Appena avverte una minima brezza saltella agitando le ali e quel nido che sembrava immenso lo contiene a malapena. I genitori hanno capito che il gran momento è vicino e lo irretiscono volando davanti al nido con la preda penzoloni. L'aquilotto grida nervoso e irato; sembra pronto a lanciarsi e infine lo fa, tacendo di botto, sorpreso e impaurito, improvvisamente privato della stabilità del nido. Ma una corrente amica lo trascina in alto e lo affida al vento mentre la montagna si spalanca sotto le sue ali e i suoi occhi.
Un mare mosso di monti: Così gli appare, vista dall'alto, la catena del Gennargentu. Questa cresta arcuata racchiude nel suo semicerchio le massime asperità della Sardegna con quote che superano 1800 metri, di aspetto più di colline che di vere montagne. Emergono i nuclei di granito e gli scisti metamorfici cristallini, filoni di porfidi precipitano a valle come singolari fiumane di pietra disperdendosi in un rovinìo caotico. Diverso lo scenario del Supramonte: colpisce immediatamente il senso di una naturalità ruvida e selvaggia, canyon che serpeggiano come cicatrici celando nel fondo oscuro torrenti occasionali con crepacci che si indovinano infidi sotto la vegetazione e crateri che si aprono improvvisi nel verde della macchia
Visto dall'alto il Supramonte nella sua selvaggia bellezza di calcari e vegetazione impenetrabile.Il Riu Flumineddu che sfocia nella spaccatura della gola Su Gorropu. |
Distesa di euforbia Torre di roccia |
La costa di Bilariccoro nel territorio di Baunei.- L'altopiano calcareo del Supramonte termina a oriente nel golfo di Orosei con una costa frastagliata lunga più di 40 chilometri. |
Fioritura della rara Peonia.Gli esemplari sardi sono contraddistinti da una colorazione intensa. |
Il sito del Parco Nazionale Gennargentu