NAUFRAGIO AL SEGGIO
Avvenuto la notte del 3 Febbraio 1818 davanti la foce del torrente Seggio, nel territorio di Castagneto Carducci, sembra non aver lasciato alcuna traccia nella memoria dei castagnetani mentre tutti i particolari sono tutt'oggi reperibili negli archivi storici. Particolari che ritengo estremamente interessanti per la cronaca diretta fornita dalle numerose relazioni estese dai soldati di stanza alla Torre di Castagneto ( oggi conosciuta come il Forte ) in base a procedimento giudiziario istruito nei loro confronti in quanto rei di colpe considerate gravissime per aver contravvenuto alle norme sanitarie allora vigenti: norme che ci illuminano sul terrore di contagio che potesse venire dal mare; contagio che riguardava prima di tutto la malaria ma anche tutte le altre "pestilenze" conosciute ( peste, colera, vaiolo ecc..).
Come detto la notte del 3 Febbraio 1818 un brigantino a due alberi, per una fortissima tempesta di libeccio, si fracassa violentemente poco distante dalla riva; bilancio: la perdita dell'intero equipaggio e la distruzione della nave. Fin quì niente di eclatante se non la drammaticità dell'episodio; sono i fatti avvenuti immediatamente dopo che destano un particolare interesse. I militari addetti alla salvaguardia sanitaria del territorio si appropriano indebitamente dei materiali che il mare ha gettato sulla spiaggia trasgredendo così a tutti i regolamenti sanitari vigenti. Di fatto la salvaguardia sanitaria si collocava al primo posto ( assieme all'impegno della difesa dalle incursioni corsare ), tra le priorità delle autorità del tempo. Non era passato molto tempo da quando nella città di Livorno si era manifestata un'epidemia di febbre gialla (1804): ciò rende più comprensibile la particolare attenzione che viene posta all'osservanza di tutte quelle che erano ritenute le necessarie norme di prevenzione, sopratutto per il traffico marittimo. All'epoca infatti, si riteneva che quest'ultimo costituisse uno dei principali veicoli per la trasmissione di un eventuale contagio e del susseguente sviluppo epidemico. In questa occasione ancor più visto che era ignota la provenienza del bastimento. I materiali recuperati fecero supporre che il brigantino provenisse dai Balcani, un'area ad alto rischio epidemico. Contemporaneamente però veniva sottovalutato il problema del basso livello igienico mantenuto dalla popolazione urbana locale - vale per tutti l'esempio di Rosignano dove - ancora nel 1824 - esistono seri problemi igienici derivanti dal fatto che persiste l'usanza di lasciare circolare il bestiame libero per il centro abitato. Se a questo si aggiunge l'usanza di gettare qualsiasi immondezza, nonché i liquami umani nelle pubbliche vie e piazze, il quadro igienico sanitario si fa completo. Se di fatto il traffico marittimo costituiva una delle principali preoccupazioni sanitarie, lo era ancor di più il movimento marittimo a carattere di "clandestinità". Nottetempo, sempre più spesso, barche approdavano di nascosto nei numerosi anfratti per praticare il contrabbando o eludere i posti di controllo perché privi dei documenti attestanti l'idoneità sanitaria. Il problema era veramente emergente. Il Granduca Pietro Leopoldo, appena salito al trono toscano, si mise immediatamente a riorganizzare l'intero assetto degli organismi amministrativi e delle magistrature sanitarie fino a raggiungere un alto livello di efficienza, tra i migliori riscontrabili nel Mediterraneo.
Si capisce pertanto quale livello di gravità sia stato raggiunto dai militari resisi colpevoli di "prevaricazione in servizio di Sanità". I documenti rinvenuti nell'Archivio di Stato di Livorno ci forniscono una vivace e drammatica cronistoria delle fasi del naufragio. Sembra inoltre emergere da essi una chiara volontà di non intervenire per tentare un salvataggio lasciando la nave e l'equipaggio al loro destino ormai scritto, al fine di salvaguardare la salute delle popolazioni locali: scelta discutibile ma comprensibile perché ancora una volta si viene a testimoniare il panico, il terrore per le epidemie che si stava vivendo nel periodo storico esaminato.
IL BASTIMENTOQuello coinvolto nella storia quì narrata era un brigantino a due alberi con coffa; ed era dotato di un limitato armamento ( come dimostra il ritrovamento di soli due affusti di cannone ) per tentare di difendersi dagli eventuali attacchi dei pirati ancora presenti nel Mediterraneo. Le dimensioni piuttosto ridotte, visto l'esiguo numero degli uomini di equipaggio. Inoltre per il fatto che questi, ad un certo momento, avesse spiegato il trinchettino ci fa supporre che potesse essere del tipo brigantino-goletta. Comunque sia, come vedremo, la nave non potè far nulla per opporsi alla violenza dei marosi ai quali dovette poi soccombere.
IL NAUFRAGIO
3/2/1818, Martedì, ultimo giorno di carnevale, il mare è agitato da un forte vento di libeccio. Al primo mattino " un brigantino incognito a due alberi con carico di grano, verosimilmente procedente da levante ottomano " naufraga a circa 175 metri dalla riva, in prossimità della foce del torrente Seggio, nella comunità di Castagneto ( oggi Castagneto Carducci ). A bordo dovevano esserci complessivamente sei individui: tanti furono i cadaveri recuperati sulla spiaggia. Un ultimo tentativo effettuato dall'equipaggio per salvare il bastimento fu quello di puntare la prua della nave verso terra, nella speranza che la stessa si arenasse sui fondali sabbiosi; passata la burrasca si sarebbe poi provveduto in qualche modo a disincagliare lo scafo, ma lo sforzo dei marinai fallì miseramente. L'urto contro il banco di sabbia fu particolarmente violento. In un primo momento la manovra parve riuscita; la nave effettivamente si arenò a poche decine di metri dalla riva... " il brigantino era investito sulla rena che formava una specie di scogliera distante circa 300 braccia da terra... ( deposizione del Sotto-tenente Pierazzuoli )". Ma nella notte tra il 3 e il 4 Febbraio delle grida strazianti e uno schiantare di legname annunciarono la fine del vascello. Ecco alcune delle testimonianze di coloro che furono in vario modo presenti alla tragedia.
Testimonianza del Tenente Marco Aubert:
"Alle 7 del mattino del giorno 3 Febbraio vi era un forte vento con mare burrascoso, dalla parte di levante apparve un brigantino a due alberi, con gabbia, diretto verso ponente senza avere alzato le vele...giunto nei paraggi del Seggio...osservai che quel bastimento voltò la prua verso la spiaggia, spiegando il trinchettino e venne a gettarsi sulla terra incagliandosi, un colpo di fucile distante precisamente dall'imboccatura del Seggio. Non appena incagliato si vidde, in un sol momento, staccarsi dal bastimento tre imbarcazioni nude; molti oggetti e con quanto i parapetti del ponte, che comparve ad un tratto netto e pulito di ogni materia ad eccezione degli alberi. Si vidde ancora che alcuni individui erano ascesi sulle gabbie e si erano ivi situati come in ricovero, e per difendersi da quel terribile fine da cui erano minacciati...Tutto il rimanente del giorno passò senza che il bastimento ( facesse ) alcun movimento. Alle ore 4 della notte del tre, veniente il 4, fu inteso dal bastimento molte voci e grida di dolore, che vennero seguite da un forte strepito di rottura di legnami a cui nuovamente succedette un perfetto silenzio...Comparso il giorno seguente,4, si vidde che il bastimento più non esisteva, che porzione di piano del medesimo era giunto a terra, che un ammasso di legnami si vedeva galleggiare sull'acqua nel luogo medesimo ove prima esisteva intiero e che tutta la spiaggia era ricoperta di oggetti di ogni specie. "
I primi interventi e i recuperi
Il giorno stesso dell'avvistamento della nave in difficoltà, la macchina sanitaria faticosamente si mise in moto. I militari addetti si limitarono a controllarne i movimenti da terra, per la paura, affatto remota, che un contatto con essa potesse essere trasmissione di eventuali contagi. Contemporaneamente si provvedeva alla formazione di un cordone sanitario.Esso era composto oltre che dalle forze presenti alla Torre di Castagneto, anche dai cannonieri guardacosta di stanza alle torri di Vada, Cecina, e al forte di Bibbona. Nello stesso momento un drappello di dodici cavalleggeri pattugliarono costantemente, sia di giorno che di notte, il territorio in prossimità della foce del torrente Seggio. Il ridotto militare era posto agli ordini del Sotto-tenente Pierazzuoli, comandante del forte di Castagneto. Le truppe appiedate, organizzate in cinque picchetti di tre soldati, posti sotto il comando di un sergente o di un caporale, controllavano che nessuno si appropriasse dei materiali provenienti dal naufragio e che il mare continuava a rigettare sulla spiaggia.
Dall'Archivio di Stato gli originali verbali del processo
Inquadramento storico -
E' sotto il governo degli Asburgo-Lorena ( Pietro Leopoldo ) succeduti ai Medici che si compie " la grande opera " di messa in sicurezza della costa. Un enorme investimento finanziario allo scopo di valorizzare territori in quel momento paludosi, inutilizzabili e malsani; un enorme impegno dovuto alla lungimiranza di quel Granduca che già all'epoca aveva sviluppato la visione di quelle che oggi chiamiamo "le grandi opere " come interventi che a lungo termine daranno grande beneficio all'intero stato e in effetti, ancora oggi ne godiamo i benefici. In prima fase la canalizzazione delle acque, seguita poi dalla costruzione delle torri di presidio militare, in una lunga serie che andava da Livorno fino al Principato di Piombino, ospitanti ognuna la sua guarnigione militare munita di cannoni ed armi leggere, realizzate proprio sulla spiaggia a distanza di vista l'una dall'altra. Unica mancanza rimase il tratto Cecina - San Vincenzo dove probabilmente l'insalubrità dei terreni non permise il completamento fino al 1785 con la costruzione dei forti di Castagneto e Bibbona. La "via dei cavalleggeri " certamente non corrispondente a quella che oggi è così denominata a Castagneto, passava direttamente a filo dei primi "macchioni" di ginepro a vista mare poiché era proprio il compito dei cavalleggeri quello di controllare a vista le rive percorrendo su e giù la costa continuamente da un forte all'altro. Questa ostilità verso il mare ci fa capire anche il perché nella cucina castagnetana manca quasi totalmente ( almeno fino a tutti gli anni '60 ) la cultura culinaria del pesce - Ti invito quindi a vedere le migliori ricette della Tradizione culinaria di Castagneto Carducci
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§Una cassa di dobloni d'oro?
Come nelle migliori tradizioni delle avventure di pirateria non mi direte che non avete pensato al classico forziere pieno di monete d'oro, anche se proprio a Castagneto sembrerebbe una cosa quantomai improbabile. Ebbene leggete quanto segue, riportato fedelmente dagli archivi di stato di Livorno:
----------- " Per sfogo di diversi rapporti che mi sono stati diretti dal Castellano di Vada e prevenire quelli che potessero giungere all'E.V., mi credo in dovere di disturbarla colla narrazione di un fatto che sembrava di essere di qualche importanza per l'Amministrazione Sanitaria....: - Un certo Ciangherotti, assai e attivo soggetto, Cannoniere di questa mia Compagnia, nella circostanza di ritrovarsi in casamatta a Vada per ordini del Si.Magg.Comandante, confidò, giorni sono fatto (con) la massima segretezza ad un suo compagno che essendo di servizio distaccato al Forte di Castagneto, nell'occasione dell'ultimo naufragio ivi accaduto, aveva trovato una cassa nella quale aveva potuto distinguere dalle fessure della medesima, dei pacchetti di monete. Ma in quel momento, per timore di essere osservato da qualcuno dei suoi camerati, in quello stesso luogo in cui l'aveva trovata, l'aveva sotterrata sotto la sabbia, facendo dei segni a qualcuno dei macchioni colà vicini, per potere quindi rintracciarla. Soggiunse che essendo stato costretto di partire all'improvviso non gli era stato possibile di portarsi seco il tesoro da lui trovato. Ha dunque stabilito questo Ciangherotti, d'accordo con suo confidente, di fuggire di notte dalla casamatta per mezzo di una falsa chiave che ho saputo esistere effettivamente nelle mani di un altro cannoniere di quell'istessa guarnigione; e quindi di portarsi al forte e sulla spiaggia di Castagneto per rintracciare e portare via il tesoro. La pioggia che cadde dirottamente tutta la notte pose ostacolo all'esecuzione di lui progetto, ma uno dei confidenti del Ciangherotti raccontò in segretezza il fatto al Sergente Massola; questi sempre in segretezza lo partecipò al Castellano il quale sotto l'istesso sigillo me ne fece il rapporto.....Obbligai quindi i suoi compagni a secondare le mie vedute e coll'aiuto di vari bicchieri di vino fu rinnovato il progetto di andare a Castagneto. Tosto io fui informato di quanto era stabilito ( e ) spedii al forte suddetto il Tenente Verzani il quale partì immediatamente e dispose quindi delle sentinelle nascoste in quell'istessa notte nei macchioni vicini per potere esattamente osservare il Ciangherotti e i di lui compagni nell'atto che il tesoro fosse stato da loro levato di sottoterra. Avendo però subudorato qualcosa il Ciangherotti al momento di partire si separò con dei pretesti dai due compagni e non si fece più trovare. Alla mattina dopo, avendolo io fatto chiamare davanti a me seppi che non si era più in grado di avere di lui notizia alcuna.....( 11 Marzo )........... né successivamente si ebbe più notizia alcuna......
Il forte di Castagneto in una cartolina degli inizi del 1900 ( Studio Breschi ) |
Ora
sicuramente questi fatti hanno più del film di avventure che altro,
senonché i documenti originali sono ancora consultabili a Livorno
(Archivio di Stato e Biblioteca Labronica ): la zona in questione
dovrebbe essere con tutta probabilità a Nord della foce del Seggio
perché le forti mareggiate tendono sempre a spingere a Nord e non a
Sud; con un buon cercametalli e un po' di fortuna bisognerebbe andare
proprio nel parco dove c'é la villa "Le Sabine", ma la proprietà è
sorvegliata e impenetrabile.- La proprietà è del Marchese Antinori - hai
visto mai che ancora valga il detto " i soldi tornano sempre ai
soldi" ?
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LA COSTA AI TEMPI DEL GRANDUCATO
Con la descrizione dei vari forti difensivi è molto interessante anche la ricostruzione ambientale lasciata dal georgofilo Lapo de' Ricci nel suo " Viaggio agrario per la Via Aurelia da Livorno a Roma ". Nel descrivere la zona di Cecina rileva che: ..."vasti piani danno un'idea dell'abbandono in cui si trova la coltura maremmana; bestiami vaganti di ogni specie abbandonati a loro medesimi, scorrono dal poggio al piano, dal bosco al seminativo distruggendo sovente i teneri getti delle piante nei boschi come le messi nei campi; bestiami vaganti senza direzione e senza guida e però magri e stentati, offrono miserabile spettacolo al viaggiatore atterrito per quella solitudine, che non trova abitazioni o ricoveri di animali... tutto è squallore e abbandono...". Ma quando entra nella tenuta di Bolgheri, di proprietà dei conti Della Gherardesca, gli si presenta una situazione assai diversa, che così descrive: " Un viale diritto indica che si va per quello in un luogo abitato non solo, ma signorile ancora. Un vasto fabbricato che serve ad uso di granaio e di magazzino di custodia per le grasce e unite al quale ampie stalle capaci di contenere cinque o seicento pecore, i bestiami vaccini e anche le bufale......entrati nel lungo stradone che da San Guido conduce a Bolgheri noi percorremmo circa tre miglia. Da primo terreni seminativi coltivati, entrando in mezzo ai quali si trovano delle capanne per il bestiame assai da lodarsi per la buona intelligenza di costruirle, come l'accuratezza nel mantenerle. Non possiamo astenerci da rilevare i buoni effetti della filantropia del conte Della Gherardesca... E' bello vedere la situazione agiata nella quale ha posto i contadini mezzaioli della tenuta, giacché essendo entrati nelle case loro gli abbiamo trovati cibarsi di pane bianco, provvisti di carni salate come di ottimo vino ed abbiamo osservate le loro case bene e decentemente corredate di mobili e di biancheria quanto nelle provincie più ricche di Toscana ". Pero', anche in questi luoghi sulla costa, nei pressi dell'area del naufragio, deve rilevare una situazione di danno ambientale: Prima di lasciare le fabbriche di San Guido volgemmo l'occhio alla spiaggia del mare coperta in molti punti di bosco e che in uno spazio di circa braccia 400 presentava soltanto la vista di tomboli d'arena spogliati di piante e che in quel punto impediscono il libero scolo alle acque.Dimandammo il perché e ci fu detto che un taglio improvvido di macchia fatto sulla riva del mare aveva prodotto quel tombolo e ad onta di tutte le precauzioni non era mai riuscito di potervi allignare di nuovo il bosco impedito dall'imperversare del vento.Ed infatti tutti gli alberi, anche lontani due miglia dal mare hanno i loro rami sporgenti verso terra, per la forza e l'impeto di quello§§§§§§§§§§§§ L. FANCELLI
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