Allora, come già detto, Lido viene imbarcato sulla Queen Mary, il più grande transatlantico di allora, insieme ad una moltitudine di altri soldati che in Sicilia si sono arresi davanti all'evidente inutilità di opporre resistenza ad un "nemico" così soverchiante che oltretutto comincia a vedersi più come liberatore che come nemico. Naturalmente non sono mancati locali scontri dovuti ai soliti fanatici, col solo risultato di aumentare le vittime umane insieme a qualche sporadica incursione aerea tedesca nell'illusione di poter continuare una guerra ormai persa su tutti i fronti.
Per una più completa documentazione ritengo importante aggiungere anche le seguenti testimonianze come contributo dal sito: BLOG DEGLI STORICI DEL FRIULI OCCIDENTALE. " La lunghissima prigionia dei soldati italiani in Gran Bretagna non ha lasciato, in quel paese, segni materiali evidenti: i circa duecento campi, le centinaia di hotels e di fattorie che li ospitarono tra 1941 e 1946 non conservano tracce della permanenza degli italiani, e nella memoria locale, quando esiste, tali campi o alloggi sono considerati «tedeschi», in ricordo dei prigionieri germanici che, anche se per un periodo più breve, vi furono ospitati.
Catturati in grandi quantità sui fronti africani tra 1941 e 1943, e trasferiti nella madrepatria britannica perché ritenuti, a differenza dei tedeschi, non pericolosi per quanto riguardava la sicurezza interna, innocui da un punto di vista politico, incapaci da un punto di vista militare, ma adeguati a rimpiazzare la manodopera autoctona nelle tenute agricole britanniche, gli italiani vissero in Gran Bretagna una cattività che, da un punto vista strettamente materiale, può essere considerata «buona». Furono ben nutriti, ben alloggiati, curati; svolsero un lavoro retribuito e sicuro, ebbero la possibilità di istruirsi e di svagarsi. Ciononostante la prigionia – condizione perdurante che non venne modificata, per volontà dei detentori, neanche dall’armistizio del settembre 1943, dalla successiva cobelligeranza, dalla cooperazione e addirittura dalla fine della guerra – fu devastante da un punto di vista psicologico: disprezzati dalla popolazione – che spesso e volentieri li irrideva chiamandoli «wops», guappi, terroni – e dalle autorità detentrici, utilizzati come manodopera a basso costo a completa discrezione del governo britannico, dimenticati dalle autorità italiane postfasciste, quando non usati come «merce di scambio» per la cobelligeranza o per un trattato di pace meno duro, i soldati furono trattenuti in prigionia fino al 1946 inoltrato, quando cominciarono a rientrare in patria, e si trasformarono in una massa di reduci sconfitti, che l’Italia affannata del dopoguerra avrebbe visto volentieri partire di nuovo, in veste di emigranti. Tutta questa storia, fatta di migliaia di storie individuali, è finalmente oggetto di una ricostruzione monografica e approfondita, basata su un ampio materiale documentario italiano e britannico. Un pezzo di storia italiana ed europea, finalmente restituito alla conoscenza comune che necessita anche di sapere e considerare che, come scrive Isabella Insolvibile nel libro I PRIGIONIERI ITALIANI IN GRAN BRETAGNA (1941-1946 ), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012, " gli italiani furono detenuti in Gran Bretagna non per colpa dei britannici (...) ma causa della dittatura fascista che scatenò una guerra e fece combattere quei soldati contro le potenze democratiche occidentali; inoltre gli italiani divennero prigionieri degli Alleati perché essi stessi avevano permesso la dittatura fascista, applaudito e inneggiato alla guerra quando essa era stata decisa. Il popolo italiano - che per anni si è detto abbia combattuto una guerra " non voluta, non sentita" fu invece corresponsabile e partecipe di tale tragedia, oltre che sua vittima. (...). Questo non significa ovviamente, che la prigionia fu poi una "giusta punizione" ma che fu una conseguenza diretta della scelta fatta e degli applausi sotto il balcone di Piazza Venezia."
Bene, su questo giudizio tengo a dire che non sono del tutto concorde: non si può fare di tutta l'erba un fascio. L'esempio già descritto della mia famiglia testimonia quanto le ideologie di quel tempo e scelte conseguenti fossero ben lontane dalla condivisione di tutta la popolazione considerata nella sua globalità; E' vero che larghe fasce si lasciarono indottrinare ( come disse I.Montanelli - "Per convincere gli italiani basta dargli una piccola fetta di potere, ma con la possibilità di abusarne" ) altre ( piccola e alta borghesia ) si lasciarono affascinare dalle sorprendenti prospettive di sviluppo che gli fecero intravedere; e purtuttavia ampi strati di intellettuali si dissociarono pagandone l'altissimo prezzo o rinchiudendosi in un silenzio non partecipativo che comunque veniva perseguito come nell'episodio già sopra raccontato.
Ma torniamo ai nostri che, navigando nel Mediterraneo alla volta di Gibilterra, si erano finalmente "rilassati" godendo di un pasto assicurato e attenzioni sanitarie mai più avute da tanto tempo. ...continua LEGGI LA STORIA DALL'INIZIO