FANCY 1

Qualcosa per riflettere, pensare, sognare...alzare il "punto di vista"...

martedì 7 agosto 2018

RUSSIA - Capitolo 3°

Il rientro

III°)  -  L'odissea del rientro.

                                    Fortuna volle che ci fosse un altro accanto a mio padre, un calabrese, un certo Lamberti, anche lui abituato a trattare con i cavalli; un "piccoletto" di fisico ma dotato di una particolare intelligenza, un vivido esempio di quella abilità tutta nostra di mettere a frutto la capacità di arrangiarci nelle peggiori situazioni, di riuscire sempre e in qualche modo a uscirne.
                Insieme avevano capito che l'unica cosa da fare era di spostarsi nell'immensa sconosciuta e disorientante landa bianca, alla ricerca di qualche casolare di campagna dove sicuramente avrebbero trovato qualcosa da mangiare; se lo sarebbero preso, con le buone o con le cattive, in fondo loro avevano il fucile.
                A onore del vero bisogna dire che i russi di quelle zone si dimostrarono sempre gente di grande umanità, gente che era sempre disposta ad accoglierti e a dividere quel poco che avevano da mangiare, gente che subito si affezionava, come se tu non fossi mai stato il loro nemico a questi che chiamavano "italiaski".  Per alcuni la cosa fu reciproca e si aggregarono stabilmente a quelle famiglie che li avevano accolti ( e salvati ) senza più fare ritorno in Italia e spesso formando lì la loro nuova e definitiva famiglia.
               Certo che le prime volte che si avvicinavano ad un casolare, pensando di essere considerati dei nemici aggressori, entravano a fucile spianato ma poi, una volta capito che cercavano solo di sopravvivere, si creava subito un clima diverso, un rapporto che non sarebbe mai stato tale con dei tedeschi. A loro non avrebbero mai concesso nulla, piuttosto si sarebbero fatti ammazzare.
                Spesso i contadini russi nella loro prima ritirata avevano abbandonato le loro case ma sperando in un imminente ritorno avevano nascosto quanto più potevano dei loro averi, ma sopratutto provviste alimentari; generalmente in anfratti negli scantinati poi ben mimetizzati o addirittura in fosse debitamente scavate nelle adiacenze, ricoperte con semplici tavole perché tanto avrebbe pensato la neve a coprire il tutto.
                Ma i nostri che molto presto l'avevano capito, scoprivano quasi sempre qualche nascondiglio generalmente contenente qualche gallina o altri animali di allevamento che una volta scongelati, potevano cuocere o almento tentare di cuocere utilizzando i travicelli delle abitazioni, poiché era l'unica cosa di legno che i russi avevano lasciato, tutto il resto l'avevano bruciato prima di andare via.
                Un giorno sotto un tavolato, ebbero la fortuna di trovare un maiale intero e quella fu una gran festa: - Togliersi la fame di giorni e procurarsi una bella provvista anche per qualche settimana futura gli sembrò un dono del cielo. Certo il maiale non è carne da mangiarsi cruda; andrebbe sempre ben cotta ma quei travicelli che bruciavano erano verniciati ed emettevano un fumo pestilenziale e poi, come dice il poeta, "più che il dolor potè 'l digiuno".
                Cosicché la cottura fu una del tutto sommaria "sbruciacchiata" a quanta più carne poterono caricare e portarsi dietro e le conseguenze non mancarono di farsi sentire: per varie settimane i disturbi intestinali li perseguitarono fino al sanguinamento e quando finalmente si riunirono alle retrovie furono subito inviati agli ospedali da campo in brutte condizioni dove ebbero le prime cure per quella che fu diagnosticata come enterocolite ulcerosa.
                E tuttavia non fu quello il peggiore dei mali che Lido dovette trascinarsi dietro per il resto della vita in quanto a casa poi si scoprì che si era portato la tubercolosi, dilagante fra i soldati denutriti e senza cure perché l'antibiotico giusto ancora non c'era. Un bel problema anche per tutta la famiglia che rischiava di infettare, problema che poi per noi si è rivelato superato diventando addirittura immuni, grazie all'assidua prevenzione anche farmacologica a cui anch'io fui sottoposto fino a tutti gli anni sessanta.

E' l'unica foto pervenuta della partenza per il fronte. Mio padre è l'ultimo a destra

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