FANCY 1

Qualcosa per riflettere, pensare, sognare... e alzare il "punto di vista"...

mercoledì 20 febbraio 2019

I FIORI DI PIETRA

Da sempre incanta con le sue trasparenze colorate e le sue "magiche" proprietà elettriche   

   I Greci dettero al quarzo purissimo, incolore e trasparente come il vetro, il nome di "Krystallos", lo stesso con cui chiamavano il ghiaccio.

   Quarz è invece il nome duro come il minerale che può essere scalfito solo da topazio,corindone o diamante; così lo chiamarono i minatori tedeschi.

Opale - Pietra di grande pregio

Agata con inclusioni di calcedonio


Varietà di concrezioni di quarzo dentro agata

Cristallo di rocca


Per i chimici il quarzo è uno degli aspetti con cui si presenta in natura ( stato allotropico ) il biossido di silicio, detto silice, definito dalla formula SiO2.

Cristalli bianco rosati

      Un minerale composto da cristalli fatti come un prisma a sei facce che termina spesso con una o due cuspidi piramidali.

 

 

Nelle forme più strane




Diaspro giallo e rosso

Raro quarzo rosa con inclusioni



Una varietà di diaspro molto rara che evoca una maschera rituale africana


Agata a zonature concentriche

 

 

 

 

Agata chiamata Sardonice

                Che cos'è un'agata?

Tecnicamente chiamata geode è una massa di lava di forma sferoidale sparata da un vulcano.All'esterno il colore grigio scuro non lascia intravedere niente della sua bellezza, ma una volta tagliata rivela i meravigliosi colori delle formazioni concentriche del quarzo.

   Anche L'AMETISTA è un geode cavo all'interno, in cui i cristalli si sono formati completamente.

 I miei "pezzi"

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

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mercoledì 13 febbraio 2019

VENERE SCOMPONIBILE

LA DONNA DELLA SPECOLA

  Una fattura per lire 266 soldi 13 e denari 4 emessa dagli artisti Clemente Susini e G.Ferroni nel 1782 e saldata dal grande naturalista Felice Fontana è la transazione per uno degli oggetti più singolari nella storia dell'arte e delle scienze: la Donna della Specola di   Firenze; ridondante rispetto alle sue intenziuoni didattiche questa languida Venere scomponibile è anche un mostro surrealista o, se si vuole, il capolavoro di un iperrealismo spinto sino alle viscere.   

 "Oggi sono stata a visitare il Gabinetto di Fisica e nonostante mi sia trattenuta solo pochi minuti non riesco ancora a liberarmi della sensazione di disgusto che ne ho riportato. Dovrebbero assolutamente esserci delle restrizioni per impedire che questi modelli vengano visitati da uomini e donne contemporaneamente!

           Sono entrata con un'amica ma ho dovuto ritirarmi subito non appena ho veduto signori e signore, anche molto giovani, in contemplazione di oggetti forse utili per la scienza ma certamente inadatti ad essere esposti in un ambiente così promiscuo."   Tale il giudizio di lady Blessington ( 1839 ) dopo una fugace visita alla già celebre collezione di cere anatomiche del Real Gabinetto di Fisica e Storia Naturale in Firenze, più noto col nome di Museo della Specola.


Con altro spirito lo svedese Adolph Murray, professore di anatomia all'università di Upsala, nel 1780 aveva osservato: " ...lo studioso di anatomia godrà di trovare in questo tempio di Minerva, oltre ogni aspettativa, molte parti del corpo riprodotte in cera. Colui che studia le preparazione di Ercole Lelli e dei Manzolini in Bologna, di Verniani a Torino e Biheron a Parigi, zeppe di errori, ha tutte le ragioni di condannare questo sistema di imitazione della natura, ma cambierà opinione quando esaminerà i preparati fatti a Firenze."


  Giuseppe Galletti chirurgo e ostetrico presso il fiorentino Arcispedale di Santa Maria Nuova, avendo assistito all'impresa di Lelli a Bologna, decise nel 1770 di impiantare anche a Firenze un laboratorio di modelli anatomici che dopo una serie di faticosi tentativi cominciò a dare buoni frutti grazie all'abile modellatore Giuseppe Ferrini, scultore livornese. Quasi contemporaneamente un'attività analoga fu iniziata nella stessa città in Via Romana da Felice Fontana in alcuni locali di uno stabile che il granduca Pietro Leopoldo di Lorena gli aveva messo a disposizione quale sede per l'istituendo Real Gabinetto di Fisica e Storia Naturale. Sotto la guida del Fontana, uno dei maggiori scienziati italiani del XVIII ° secolo, anatomista, zoologo, fisico e chimico di valore il lavoro procedette tanto alacremente che nel 1775, quando il museo fu inaugurato, i modelli in cera, tra cui tre statue a grandezza naturale erano già 486, distribuiti in 137 teche occupanti sei sale.

Il Granduca era inizialmente contrario alla dissezione dei cadaveri ma il Fontana lo indusse a consentirla sostenendo che se si fosse riusciti a riprodurre in cera tutte le meraviglie della nostra macchina non vi sarebbe stato più bisogno di dissezioni e gli studiosi, i medici, i chirurghi e gli artisti avrebbero trovato in ogni tempo eguali incorrotti e inodori i modelli desiderati.

   Più tardi, col procedere dell'attività del laboratorio di ceroplastica, Pietro Leopoldo ne divenne addirittura un appassionato, preparando le vernici per l'officina della Specola. Comunque, a parte la forza di convinzione degli argomenti del Fontana, ciò che accese gli entusiasmi granducali per i modelli in cera fu senza dubbio l'eccellenza dei risultati raggiunti, che ha sempre destato l'ammirazione degli uomini di cultura della più varia formazione.  Uno dei modellatori spiccava fra tutti per la sua abilità tecnica, Clemente Susini. Nato nel 1754 nel "popolo" di San Lorenzo in Firenze, avviato ben presto allo studio delle belle arti, si perfezionò nella scultura in bronzo. Lavorava già nello studio di un artista fiorentino quando a 19 anni entrò a far parte come apprendista modellatore in cera , del Real Gabinetto di Fisica e Storia Naturale, dove rimase per quarant'anni, fino alla morte.

Lavorò al fianco del già ricordato Giuseppe Ferrini ma, dotato com'era di una migliore preparazione artistica superò in breve il maestro tanto che già nell'Agosto 1782 ne aveva preso il posto. Il Susini divenne così l'artefice principale dei modelli in cera policroma del museo fiorentino e in altri musei italiani. Il Susini portò la tecnica ceroplastica  a livelli mai prima raggiunti e mai più superati; acquistò una padronanza così profonda dell'anatomia da essere in grado di eseguire una statua anatomica destinata all'università di Pavia senza avere il cadavere di modello. Molti modelli  eseguiti nell'officina di Firenze su commissione di istituti italiani e stranieri si trovano A Torino, Pavia, Pisa, Siena, Cagliari, Bologna, Genova e in Francia, Olanda Spagna, Inghilterra, Svezia, Russia, Egitto ecc..oltre alla Scuola Medica Militare di Vienna. 

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sabato 9 febbraio 2019

LUIGI XIV° - L'INVENZIONE DI VERSAILLES

LA VERSAILLES DEL RE SOLE

             Segnato dalla dolorosa esperienza della rivolta vissuta nell'infanzia Luigi XIV decise di domare la nobiltà francese concentrandola nel palazzo di Versailles, dove la vita diventò per i nobili una lotta spietata per guadagnarsi il favore del sovrano, in una perenne rappresentazione scenica.

Il duro mestiere del cortigiano

Il re era figura pubblica, costantemente visibile e al tempo stesso distante e inaccessibile. La rigida etichetta creava una barriera invisibile tra il sovrano e i suoi cortigiani che sempre lo vedevano ma raramente potevano rivolgergli la parola se non interpellati. Il monarca, cosciente di questa sua posizione teatrale, la coltivava con vera passione. Tuttavia questo continuo spettacolo aveva il suo lato oscuro. La vita a Versailles era una trappola economica per l'aristocrazia. Mantenere costantemente la posizione agli occhi del re implicava la necessità di investire enorme somme di denaro in sprechi sontuosi. Per questa ragione l'aristocrazia era costantemente indebitata e dipendeva dall'aiuto del re per pagare i propri debiti. Ma tali privilegi si potevano ottenere solo aumentando ancora di più lo spreco e dunque i debiti.

 Una volta a corte era impossibile uscire da questo circolo vizioso e oltretutto farlo veniva considerato indegno di un nobile.

   Il re, grazie a Versailles, riuscì ad attrarre nella sua rete una potente e vivace aristocrazia che per secoli era stata praticamente ingovernabile. Tra il 1682 e la rivoluzione del 1789 la nobiltà e la monarchia divennero dipendenti l'una dall'altra: Gli aristocratici avevano bisogno delle elargizioni reali e il re necessitava di un circolo di spettatori che alimentasse l'immagine della sua grandezza. La minaccia del disordine politico sembrava essersi dissipata. La prospettiva della corte cambiava a seconda dell'angolo da cui la si guardava. Per lo spettatore tutto appariva splendido e maestoso ma i cortigiani, allo stesso tempo attori e spettatori, vedevano anche il dietro le quinte della fastosa scenografia e questo

 svelava una realtà molto meno attraente. Molti accorrevano a Versailles attratti dal lusso e si arrivò al punto che vivere lontano dalla corte era considerato indegno di un nobile ma la vità lì era per la maggior parte delle persone scomoda e opprimente. Per quanto potesse essere grande il palazzo, con difficoltà riusciva a ospitare le circa diecimila persone che si ritiene risiedessero lì a metà del XVIII° secolo.

        La spietata competizione per la posizione sociale e il favore regio obbligavano ad uno stile di vita artificioso e difficile da sopportare per molti.

         Tuttavia, per dura ed esigente che potesse essere, il re riuscì ad ottenere che la vita a Versailles diventasse il metro con cui si misurava l'esistenza civilizzata in Francia e in tutta Europa.

La corte era chiamata " il mondo ", fuori dal quale la vita non valeva la pena di essere vissuta. Ancora oggi i visitatori del palazzo rimangono attoniti per lo scenario e si fa fatica a non immaginare le feste, i balli, i banchetti, gli abiti, l'arte e il lusso della vita cortigiana e a non rimanere incantati dalla prospettiva dello spettatore e dalla leggenda di Versailles.

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L’AMORE E IGIENE NEL 1600 1700 😱
Visitando il palazzo di Versailles a Parigi, si nota che il sontuoso palazzo non ha bagni.
In quel periodo non c'erano spazzolini da denti, profumi, deodoranti, figuriamoci la carta igienica. Gli escrementi umani venivano lanciati dalle finestre del palazzo.
In un giorno di festa, la cucina del palazzo poteva preparare un banchetto per 1500 persone, senza la minima igiene.
Nei film attuali vediamo le persone di quell'epoca sventolarsi con il ventaglio...
La spiegazione non è per il caldo, ma per il cattivo odore che emettevano sotto le gonne (che tra l’altro sono state fatte apposta per contenere l'odore delle parti intime, visto che non c'era igiene).
Non era abitudine fare la doccia a causa del freddo e della quasi mancanza di acqua corrente.
Solo i nobili avevano dei lacchè per ventagli, per dissipare il cattivo odore che emettevano il corpo e la bocca, oltre a scacciare gli insetti.
Coloro che sono stati a Versailles hanno ammirato gli enormi e bellissimi giardini che all'epoca non solo erano contemplati, ma erano usati come gabinetti nelle famose ballate promosse dalla monarchia, perché appunto non c'erano bagni.
In quel periodo la maggior parte dei matrimoni si svolgevano in giugno (per loro l'inizio dell'estate). Il motivo è semplice: il primo bagno dell'anno si faceva a maggio; quindi a giugno l'odore della gente era ancora tollerabile.
Tuttavia, poiché alcuni odori iniziavano già a disturbare, le spose portavano mazzi di fiori vicino al loro corpo per coprire la puzza. Da qui la spiegazione dell'origine del bouquet da sposa.

I bagni erano fatti in una sola vasca enorme piena di acqua calda. Il capo della famiglia aveva il privilegio del primo bagno in acqua pulita. Poi, senza cambiare l'acqua, arrivavano gli altri in casa, in ordine di età, donne, anche per età e infine bambini.
I bambini erano gli ultimi a fare il bagno. Quando arrivava il suo turno, l'acqua nella vasca era così sporca che era possibile uccidere un bambino all'interno.
Le persone più ricche avevano i piatti di lattina. Alcuni tipi di cibo arrugginivano il materiale, causando la morte a molte persone per avvelenamento.
Ricordiamoci che le abitudini igieniche dell'epoca erano terribili.
I pomodori, essendo acidi, sono stati considerati velenosi per molto tempo, le tazze di latta venivano usate per bere birra o whisky; questa combinazione, a volte, lasciava l'individuo "a terra" (in una sorta di narcolessia indotta dalla miscela di bevanda alcolica con ossido di stagno).
Qualcuno che passava per strada avrebbe pensato che fosse morto, quindi raccoglievano il corpo per prepararlo per il funerale.
Poi il corpo veniva messo sul tavolo della cucina per alcuni giorni e la famiglia continuava a guardare, mangiare, bere e aspettare di vedere se il morto si svegliava o no. Da qui nasce la veglia ai morti che sarebbe la veglia accanto alla bara.
Non c'era sempre posto per seppellire tutti i morti. Poi si aprivano le bare, si rimuovevano le ossa, si mettevano in ossari e la tomba veniva usata per un altro cadavere.
A volte, aprendo le bare, si notava che c'erano dei graffi sui coperchi all'interno, il che indicava che l'uomo morto in realtà era stato sepolto vivo.
Così, chiudendo la bara, è nata l'idea di legare una striscia del polso del defunto, passarla attraverso un buco fatto nella bara e legarla a una campana.
Dopo il funerale, qualcuno era rimasto in servizio vicino alla tomba per alcuni giorni. Se l'individuo si fosse svegliato, il movimento del suo braccio avrebbe suonato la campana. E sarebbe stato "salvato dalla campana", che è popolare espressione usata da noi fino ad oggi.

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venerdì 8 febbraio 2019

ELSHEIMER - Il malinconico

Talvolta l'opera di alcuni grandi artisti che pure non hanno mai direttamente praticato l'illustrazione scientifica, è ricca di insegnamenti e suggestioni.Ne è un esempio quella di Adam Elsheimer, morto nel 1611 a Roma, dov'era stato imprigionato per debiti.

       Accidia, melanconia e perfezionismo corrosero la breve esistenza di questo genio infelice che Rubens ammirava.

Uno dei primi quadri che dipinse a Roma è questo SAN PAOLO A MALTA. Questo pannello, è ancora più piccolo di quello di Santa Elisabetta essendo di solo 17 X 21 centimetri e contiene la scena di una burrasca con un naufragio, con circa ventiquattro figure. Elsheimer rivela la sua maestria di narratore. Il temporale e il naufragio sono resi dall'agitarsi delle onde che si frangono sulle rocce, i lampi che balenano sull'acqua verde, gli alberi spezzati dal vento e il faro che lampeggia in lontananza. Si nota la partecipazione con cui Elsheimer raffigura questi poveretti inzuppati d'acqua, che cercano di farsi animo dopo il disastro: i vestiti bagnati fatti asciugare al fuoco, i bagagli salvati che vengono tratti a riva.

Santa Elisabetta che visita gli ammalati. L'ospedale sembra diviso in due corsie, quella degli uomini in primo piano e quella delle donne sullo sfondo, separate in questo momenta da una tenda raccolta.Santa Elisabetta si china sul letto di un ammalato per porgergli un boccale di birra e una ciotola di cibo; due dame di compagnia alle spalle della santa, vestite di colori degli della corte. Ancora più indietro un uomo con berretto rosso e vesti bordate di pelliccia, può essere il medico o l'elemosiniere incaricato dell'ospedale. Le due figure in basso a destra non sono state ancora interpretate in modo soddisfacente


Elsheimer morì giovane di un disturbo allo stomaco causato, si dice, dal fatto che dipingesse opere così piccole, con tale sforzo che, nel tentativo di realizzare il suo talento, si spense nel fiore degli anni e morì di sfinimento.

  Come dice Rubens, il suo metodo di lavorare intensamente su formato piccolo, lo rese alla fine affaticato e malinconico; non è difficile notare questa sue vena malinconica nel suo autoritratto che fu probabilmente dipinto per essere incluso nella serie di autoritratti dei membri dell'Accademia di San Luca - la famosa serie ora agli Uffizi.

mercoledì 6 febbraio 2019

ALLA FACCIA DI " LIBERTE' EGALITE', FRATERNITE' , LA FRANCIA SFRUTTA ANCORA LE COLONIE

Uno sfruttamento "politically correct".



1. Al franco cfa sono vincolati 14 Paesi africani. L’Africa di Paesi ne conta 54. Negli altri 40 va tutto bene? Direi proprio di no.
2. In base ai dati ufficiali degli sbarchi forniti dal Viminale, aggiornati al 31 dicembre 2018, si indicano i Paesi di provenienza dichiarati dai migranti. Abbiamo al primo posto la Tunisia, con oltre 5mila persone, seguita da Eritrea (oltre 3mila), Iraq (1700), Sudan (1600), Pakistan (1500), Nigeria (1200), Algeria (1200), Costa d’Avorio (1000), Mali (800), Guinea (800).
Ho arrotondato, le cifre mi servono giusto per far capire in maniera chiara che fra i primi dieci Paesi di provenienza ci sono solo due Stati che usano il franco cfa, che sono la Costa d’Avorio e il Mali: 1800 persone e poco più. Quindi, in sintesi: il franco cfa è un problema? Sì. E anche grosso. E sbaglia chi  nega le sue pesanti ricadute sulle fragili economie africane. Ma il franco cfa è la causa di tutti i mali d’Africa? No. È la causa dei flussi migratori? No, se non in  parte.
Per essere ancor più chiaro ed esplicito: la Francia attua politiche che potrebbero chiamarsi neocoloniali? Sì. È da sola? No. Niente affatto. È in ottima compagnia. Il continente nero è da anni, da decenni, anzi da secoli preda di interessi di ogni genere. Senza andare indietro nel tempo, oggi a spartirsi la torta sono i Paesi europei, gli Stati Uniti e diversi Paesi arabi e asiatici, tra cui fa da padrona la Cina, che se ne frega del rispetto dei diritti umani e stipula contratti ovunque pur di foraggiare la propria crescita economica. Noi occidentali, almeno sulla carta, il rispetto dei diritti umani lo pretendiamo. Salvo poi agire sottobanco alimentando corruzione e sfruttamento. E non so cosa sia peggio, fra la nostra ipocrisia e il freddo pragmatismo cinese. Di certo, né l’uno né l’altro fanno bene al continente.
Forse dovremmo partire dal decolonizzare le economie e le politiche africane. Forse dovremmo smettere di scegliere noi i leader che ci fanno comodo perché corruttibili, perché si prestano a lasciar proseguire lo sfruttamento indiscriminato del continente, e avversare gli altri, tacciati di essere nazionalisti antioccidentali. Ma attenzione: anche qui la situazione è complessa e c’è chi – fra i leader africani – si fa vanto di far la voce grossa con l’Occidente semplicemente per poter rubare e affamare impunemente il suo popolo. Le situazioni – dicevo – sono complesse e ogni semplificazione è nemica del vero.
Eppure gli africani francofoni sono sempre più nettamente schierati contro il franco cfa e quelle che vengono sempre più spesso viste come ingerenze della Francia nelle scelte politiche interne. Un esempio su tutti: tra le cause che portarono all’interventismo francese in Libia (lasciando in eredità al mondo un non-paese nelle condizioni che vediamo, con tutte le conseguenze), non c’erano solo gli interessi legati al petrolio, né la volontà di Sarkozy di coprire i finanziamenti ricevuti per la sua campagna elettorale.
Gheddafi avrebbe avuto in programma il lancio di una moneta panafricana. Questo avrebbe ovviamente comportato la scomparsa del franco cfa e delle enormi entrate nelle casse francesi. Badate bene, non si tratta di dietrologie o complottismi. Se ne parlava ad esempio in una delle mail inviate a suo tempo da uno degli uomini sul terreno a Hillary Clinton e rese pubbliche nel 2016 da WikiLeaks. E per non destare sospetti di partigianeria, vi mostro che ne parlava lo stesso Le Monde.
                           Laurent Gbagbo,ex presidente della Costa d'Avorio è stato prosciolto dalla Corte dell’Aja. Ebbene, nella sua autobiografia il discusso capo di Stato racconta che aveva deciso di uscire dal giogo del franco cfa. Tenete conto che la Costa d’Avorio è la prima economia dei 14 Paesi vincolati alla moneta francese e ne rappresenta da sola circa il 40%. Ebbene – stando a Gbagbo – la Francia organizzò una ribellione e fece in modo di far cadere il suo governo e di far passare il Paese nelle mani dell’opposizione. Qui va precisato che si tratta solo del suo racconto, senza altri riscontri oggettivi. Tuttavia, è quantomeno un elemento di riflessione. Senza contare la frase sibillina con cui lo stesso Silvio Berlusconi avrebbe messo in guardia Gbagbo nel 2002: “Non fidarti di Jacques Chirac. È molto simpatico, ma ti pugnala alle spalle”. E quella notte ci fu un tentativo di golpe.-------------------     
Il funzionamento del CFA spiegato da chi lo subisce  
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domenica 3 febbraio 2019

BREVE STORIA DELL'ORTOPEDIA

Il metodo usato da Ippocrate per il trattamento delle lussazioni e delle fratture in un'atmosfera che si potrebbe ben definire teatrale.

Durante la prima guerra mondiale la frattura delle ossa lunghe provocava ancora la morte nell'80% dei casi. Anche nella cura dei traumi il progresso è dunque recente come in tante altre branche della medicina.

        Per secoli, il sapere e le pratiche della traumatologia e dell'ortopedia erano rimasti sostanzialmente identici a quelli illustrati nei codici che voglio quì riportare: il "Commentario" di Apollonio di Cizio, capolavoro bizantino miniato nell'epoca della rinascenza macedone, documento fondamentale della chirurgia antica, catalogo di elaborate fasciature sotto archi di porfido.



CODICE B -

Giovanni Santorinos di Rodi ha ridato alla luce queste figure a lungo oscure sull'arte di guarire.Emigrati un tempo da Thera a Rodi, isola sacra, gli avi di Santorinos godevano di una fama che arrivava lontano e lui stesso annoverato fra i saggi.

L'umanista di Rodi avrebbe dunque rese chiare le immagini della collezione di Niceta, ricostituito gli antichi apparecchi chirurgici e ritrovata la forma esatta delle medicazioni e dei bendaggi utilizzati dai chirurghi dei tempi antichi.



Ippocrate riconobbe l'importanza di intervenire con la riduzione subito dopo il trauma perché l'intervento è più facile, più rapido e meno doloroso per il paziente. Il cosiddetto metodo ippocratico per la riduzione delle lussazioni della spalla era semplice ed è stato regolarmente usato anche nel nostro secolo. Viene esercitata una trazione sul braccio ponendo un piede nel cavo ascellare per esercitare una controtrazione. Un assistente deve tenere saldamente la spalla controlaterale per evitare che il corpo venga trascinato. Il metodo è semplice, sicuro ( se eseguito con cautela ) e funziona ancora oggi. Metodi più complicati con funi, scale, pulegge e più assistenti erano usati per lesioni più complesse o per quei pazienti che venivano trattati dopo settimane o mesi dall'incidente. I pazienti dovevano essere dotati di grande forza d'animo e coraggio; Ippocrate era consapevole dell'importanza di avere modi gentili. Scrisse infatti sul modo di fare un bendaggio: " Deve essere eseguito rapidamente, senza dare dolore, con destrezza ed eleganza". Per incontrare veri e propri progressi in questo settore della medicina bisogna arrivare al secolo sedicesimo quando compaiono i primi testi che trattano le lussazioni ma stupisce il fatto che pochissima attenzione sia stata data alle fratture.

         La scoperta della polvere da sparo e di nuove armi da guerra deve aver prodotto l'aumento di ferite orrende e spesso mortali. Si pensava che le ferite da arma da fuoco fossero di per sè velenose e dovessero essere trattate con olio bollente. Qualcuno propose in alternativa uno speciale balsamo ma nondimeno i soldati morivano...

        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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